lunedì 7 aprile 2008

CAPITOLO QUINTO: Isolato

"Pronto... signor Pelleriti?.... Sono Tosi"
"Buongiorno Tosi... mi dica"

"La sento serena. L'ultima volta l'avevo lasciata con un aria un po' atterrita... e invece oggi la ritrovo... energica".
"Sì è vero! E' che ho riflettuto meglio. E..."
"E' che la cifra è interessante, vero? Che cosa intende fare con 150 mila euro?"
"Sto pensando ad un viaggio... oppure ad aprire una trattoria in riva ad un lago..."
"Bah... il lago. E a chi parla alla sera? Al lago? No, no... una persona come me... con una curiosità così eccellente... deve continuare a vivere in città. Al lago mi sentirei morire. Ma se lei sta bene lì..."
"Sì a me piace, per molte cose è come vivere al mare... solo che non ci sono né le onde, né i ricci. Ma perché le interessa così tanto?"
"Chi lo sa? Magari un giorno verrò a cenare in riva ad un lago... senta... è sempre al sicuro la pietra... vero?"
"Sì è al sicuro. Anzi... aspettavamo già da qualche giorno sue notizie... quindi?"
"Quindi le cose sono andate a finire bene, e come le avevo già preannunciato faremo lo scambio il 29. Il giorno dell'inaugurazione e dell'arrivo dei cinque direttori".
"Perciò, cosa dovrei fare?"
"Dovrà andare all'aeroporto e attendere alle 11.50 del mattino, l'arrivo del volo da Bari. E da lì che arriva il nostro contatto".
"E come lo riconoscerò?"
"Sarà lui a riconoscerla, non si preoccupi. Poi dall'aeroporto lo porterà in qualche posto a pranzare e poi, come abbiamo già detto, lo accompagnerà in giro per la città... alle 18 è previsto l'inizio della conferenza stampa. Per quel tempo si sarà già compiuto tutto. Lei non dovrà far saper nulla al signor Piero, che riceverà la sua parte al momento opportuno. Diciamo non più di una settimana più tardi. Sarà lo stesso giorno in cui... salderemo anche i nostri conti."
"Ho recepito tutto, non sembra essere complicato il compito".
"No, non lo è... penso che non le capiterà mai più di guadagnare così tanti soldi in un solo giorno. Sa, penso che sia stato baciato dalla fortuna... in un certo senso. Le voglio far sapere che se tutto andrà liscio, potremmo anche pensare di lavorare insieme anche in seguito. L'organizzazione ha bisogno di personale sulla piazza di Torino".
"Vedremo... o questo, oppure la locanda sul lago... una scelta difficile"
"Vedo che è anche di buon umore... comunque passi da me mercoledì o giovedì, che le devo consegnare la piccola precauzione di cui le avevo parlato".
Un secchio di acqua gelata... era già ora, partiva il conto alla rovescia. Fino a quel punto avevo rimosso il pensiero del trasmettitore. Però così doveva andare... si entrava quasi in scena e prima del fatidico giorno, avrei dovuto attraversare un po' di deserto.

"Per me andrebbe meglio giovedì, magari nel pomeriggio. Oppure venerdì?"
Cercavo di guadagnare più tempo possibile, all'improvviso mi sembrava che non avrei avuto il tempo di fare tutto. Ma questo pensiero era come una coperta corta, perché se guadagnavo io alcune ore, le avrebbe poi perse Paolo, che avrebbe avuto sempre meno tempo per poter studiare il dispositivo. Ma lui su questo argomento tendeva a tranquillizzarmi, dicendomi che aveva già in mente diverse soluzioni.
"No, venerdì non sarò in città...facciamo giovedì... alle 17".
"Va bene... ci vedremo giovedì, nel suo ufficio".
Telefonai per prima a Martina, che non sarebbe tornata prima di martedì dalla sua amata Sardegna, e poi incontrai gli altri. Con Paolo era già tutto accordato, ci saremmo visti giovedì sera all'Ambrosio, allo spettacolo delle 20.30. Con Teo e Andrea ci accordammo per il modo di rimanere in contatto, visto che l'ultima parte del piano, quella che li riguardava, si sarebbe determinata solo dopo che Paolo avrebbe scoperto il modo migliore per disattivare il rilevatore. MI accordai con Pilar che era la persona che per più tempo sarebbe stata esposta a rischi. La sua parte da recitare sarebbe durata ore, ma tutti confidavamo sul suo grande talento d'attrice. Insomma o ci riusciva lei o nessuno di noi se la sarebbe sentita e il piano non si sarebbe mai fatto. Le consegnai un nuovo telefonino cellulare, consigliatomi da Paolo, e comprato nei giorni precedenti su e-bay. In questo modo sarebbe stata insospettabile e avrebbe anche potuto girare, come a noi sarebbe servito, alcune riprese di buona qualità, in modo semplice. E inoltre lei era quella di noi che avrebbe dovuto compiere il viaggio.
Con Silvia chiarimmo che avrebbe dovuto trovare, in ogni modo, la maniera più sicura per garantire che il nostro "cliente" al momento decisivo, non si fosse accorto di nulla. E per essere sicuri di questo, lei avrebbe dovuto studiare un sistema per fare in modo che guardasse da un'altra parte.
Meticolosamente Bea aveva portato avanti il lavoro di allestimento della nostra "stanza delle trappole" e intanto, ogni sera, indossava tuta e scarpe da ginnastica e usciva dal portone attivando il proprio cronometro da polso, come usa fare ogni persona che si dedica al Jogging.
Quando venne il martedì i particolari da sistemare erano rimasti molto pochi. Martina aveva trovato alcuni camici bianchi e aveva raccolto una scatolone di creme, provette, oli e fragranze. Aveva trovato anche alcuni oggetti d'arredo: vasi, ciotole che aveva riempito con candele e due orchidee e una decina di porta incenso. La stanza era pronta, la postazione del basista, ossia di Paolo, era al piano superiore e di lì lui, oltre che a seguire la regia dei giochi, aveva trovato anche il tempo di collegare le casse del piano inferiore al suo computer, scegliendo personalmente la play list che avrebbe composto la colonna sonora del nostro "colpo perfetto".
Mancava ancora una cosa: non avevamo trovato una sedia o un lettino che potessero fare al caso nostro, e arrivati a quel punto il tempo iniziava davvero a stringere.
Quando per puro caso sentii accennare da qualcuno, come al solito, un parere non tanto carino sull'aroma raro del caffè di Silvia, mi venne l'illuminazione: da poco mi aveva fatto notare di aver comprato un nuovo mobile da cucina da Ikea. Era un piano un po' alto, ma robusto e aveva dei ripiani sotto quello da appoggio in cui avremmo potuto inserire degli asciugamani o cos'altro. Pensavo che con un rivestimento sarebbe stato perfetto.
"Tu sei un pazzo" mi disse Martina
"Sono perfettamente d'accordo con lei - aggiunse Silvia - e poi se si rompe me lo ripaghi, perché è nuovo. Non si può fare con qualcosa d'altro..."
"Ma non è solo quello - aggiunse ancora Martina -, perché sembra molto resistente e potrebbe forse reggere, ma è impossibile renderlo comodo come un lettino o come una chaise longue. Chiunque si rende conto, se si sdraia su un tavolo o su un letto..."
"Ditemi voi allora come fare?"
...due ore dopo, nonostante fosse già calato il buio, cinque persone, tre uomini e due donne, passarono davanti all'entrata della Sinagoga con una console da cucina, della linea "Norden" di Ikea... i carabinieri non dissero nulla. I cinque arrivarono fino all'incrocio con via Goito e lì girarono a sinistra.
A quel punto avevamo poco tempo per renderlo un lettino; utilizzammo della gommapiuma che fissammo e legammo con della corda e poi, foderammo tutto con un vecchio lenzuolo, fissato con della colla a caldo. Dopo due ore di lavoro, ben più in là della mezzanotte, finimmo di costruire il nostro prototipo. Il risultato: un mobile da cucina con un rigonfiamento in cima.
"Sarà credibile?" chiesi... ma nessuno mi rispose. Silvia intanto aveva la testa fra le mani.
"Speriamo che non pesi 130 chili il tipo" mi disse sorridendo Paolo.
"Per ora lasciamo così e andiamo a dormire, se ci viene in mente qualcosa di meglio lo faremo, o meglio lo farete voi - dissi -, intanto ci vediamo giovedì Paolone, ok?"
"Ok a giovedì sera. Dovrebbe essere tutto a posto per ora. Da quando avrai il dispositivo inizierà, l'ultima fase"
Eravamo oramai tutti dentro questo funambolico e pirotecnico progetto. Ci mancava il gran finale, ma non passarono molti giorni perché il mosaico diventasse completo...

Nell'ufficio di Tosi la luce era bassa, erano quasi le diciotto e io aspettavo nel corridoio facendo quello che si dice in gergo "anticamera". Dalla porta a vetro filtrava solo un po' di luce gialla, sembrava quasi che Tosi stesse leggendo all'interno, al lume di un abatjour.
Suonò il telefono della segretaria, lei rispose con un veloce sì e girò lo sguardo verso di me. Mise giù la cornetta e ricominciando a scrivere, senza neanche guardarmi disse "Ora può entrare, il signor Tosi l'attende".
"Buona sera... si segga" mi disse Tosi, volgendomi le spalle e continuando ancora a guardare dentro il monitor del proprio computer per qualche secondo.
Poi si girò e mi guardò in viso... io tendenzialmente abbassavo lo sguardo.
Lui sorrise..."E allora ci siamo quasi... è teso?"
"No dottor Tosi, non è un compito così difficile. Ho già chiesto il permesso per il 29 e ho informato il signor Piero del giorno dello scambio e che entro una settimana sarebbe arrivata anche la sua parte. Devo sapere altro?"
"No, solo che ad un certo punto lei dovrà prendere in consegna la borsa e quel momento, come le avevo già detto, lo deciderà il nostro contatto. E adesso è arrivato il momento di prendere il trasmettitore".
L'apparecchio era di forma triangolare, non più grande di quattro centimetri. Con un led lampeggiante sul lato superiore. Lo presi e lo misi in tasca.
"Mi dica chi è il nostro contatto e come lo riconoscerò. Oppure come riconoscerà lui me?"
"Non è molto acuto. Diciamo che anche se lei lo andrà a prendere... sarà il contatto che verrà da lei.."
Già, mi aveva appena dato il trasmettitore, quindi al contatto bastava rilevarmi con un palmare probabilmente, o con un computer portatile. Esattamente come aveva sostenuto fin dal primo minuto Paolo. "Però... - mi disse - le anticipo che è uno straniero... e che proviene da oriente".
Tosi non ricordava precisamente cosa era scritto nelle mail che aveva maldestramente inviato a me. La mia scelta era ristretta: o americani o giapponesi. E se venivano da oriente... erano sicuramente giapponesi. Certo in quei giorni che erano appena trascorsi, potevano essere intervenuti altri collezionisti, magari arabi, o indiani, oppure cinesi o più semplicemente russi...
"Avrò bisogno di un traduttore?" Chiesi ancora.
"No, parla benissimo l'italiano, perché ha vissuto per molti anni a Bari. Cosa pensa, che non ci avremmo pensato noi nel caso? Ora vada Pelleriti, ci rivedremo il 29 alle 18. E lei quando mi porterà una valigia... potrà considerarsi ricco".
Lasciai quell'ufficio con questo piccolo apparecchio che pesava come un macigno. Andai a prendere un aperitivo da solo, iniziando un attività che mi avrebbe accompagnato nei giorni a seguire, cioè aspettavo che passasse il tempo. Alle otto e venti ero già fuori dal cinema. Spensi il cellulare. Arrivò Martina e ci salutammo mantenendo un po' di distacco. Poi arrivarono anche Paolo e Bea, ma facemmo finta di non conoscerci.
Entrammo e ci sedemmo a distanza, poco prima che iniziasse il film mi alzai e raggiunsi il bagno. Paolo mi seguì. Nel bagno non c'era nessuno. Gli feci vedere l'apparecchio.
"Perfetto, cioè non l'ho mai visto, ma la marca è famosa. Gli faccio due foto col cellulare e domani sera ti faccio sapere già qualcosa".
Ci gustammo finalmente il film. Da quella sera tornai a dormire nella mia vecchia abitazione, malinconicamente salutavo Martina e la lasciavo ai suoi mille lavori che la attendevano ancora in quella settimana. Era un momento difficile, al 29 mancavano ancora otto giorni e io dovevo tagliare già i contatti con gli altri. Il mondo diventava ovattato. Speravo che a loro tutto procedesse nella giusta maniera. Io di giorno continuavo la mia vita come se niente fosse e ogni sera... entravo in contatto con loro.
Teo, che aveva da anni un doppione delle chiavi, ogni sera entrava nel palazzo di Barriera di Milano e lasciava un floppy nella buca delle lettere. Io alle dieci in punto scendevo e raccoglievo il file in cui mi veniva comunicato il resoconto dei preparativi. Poi la mattina, già prima delle otto, Teo ritornava e ritirava lo stesso floppy. Nella prima lettera Paolo mi raccontò di essere riuscito a comprare su e-bay dieci coppie dei trasmettitori, identici al mio. A coppie perché è un modello di rilevatore che prevede un gemello, un opposto. Insomma se il mio rilevatore era il maschio, quello dentro la valigia sarebbe stata la femmina. Era stato inventato in questo modo, proprio per permettere da una sola postazione (un computer o un palmare) di controllare, nello stesso istante, la posizione di due oggetti. Era comunque un congegno comune, fabbricato in Thailandia. Paolo mi scriveva che doveva capire se il mio era il "maschio" o la "femmina" della coppia, perciò mi disse che mi sarei dovuto nuovamente riavvicinare a lui, in modo tale che rilevando il segnale lo avrebbe identificato. Gli risposi proponendogli un modo semplice e senza la necessità di un incontro diretto.
Il giorno seguente mi recai nuovamente in San Salvario ma questa volta mi infilai nell'atrio dell'associazione scacchistica torinese, chiedendo minuziose informazioni sull'inizio dei corsi base, sull'attività agonistica, sui premi dei tornei. Rimasi nell'entrata per almeno quaranta minuti. A Paolo, intanto, seduto all'interno della sua macchina, parcheggiata lì fuori e con il suo portatile aperto sulle ginocchia, bastarono pochi secondi. Il mio segnale era quello A, il maschio, nella borsa c'era allora la femmina.
Gli servirono due giorni per dirmi quello che aspettavamo tutti da tempo. L'ultima risposta.
"Dopo martellate, lanci contro il muro, tentativi di bruciarlo o smantellarlo - mi scriveva - ho trovato la soluzione più veloce e meno faticosa per annullare il segnale del ripetitore. Ho buttato una delle copie che ho acquistato nello scarico del cesso... e il segnale è scomparso in quattro secondi. Poi ne ho buttato un altro in una bacinella, e poi uno in una vasca e un ultimo in un bicchiere. Il risultato è stato semplice: il segnale è sempre scomparso dai 2 ai 5 secondi al massimo... nell'acqua. Mi rimangono alcune femmine e sto verificando se quella mia idea di rigirare questa situazione a nostro favore, sia effettivamente fattibile..."
Interruppi la lettura del file inserito nel floppy, portato a destinazione dal giardiniere quella sera stessa. Ecco l'ultimo pezzo... l'acqua che fin dall'inizio "bagnava" il nascere di questo sogno delirante. Serviva l'acqua e una via di fuga e uno capace di prendere quella via di fuga... e soprattutto un modo per non far rischiare gli altri.
Il finale era quindi, un film già visto...

lunedì 31 marzo 2008

CAPITOLO QUARTO: Si preparano le danze

Se passammo o no una notte agitata, dopo quella serata in cascina trascorsa a ideare il piano, in verità non lo ricordo più.
Quello che invece ricordo con certezza è che, dal mattino seguente, ci buttammo a capofitto nella costruzione pratica del piano...
e fu a questo punto che entrarono in scena i pratici...
Bisognava rimediare una serie di accessori per allestire un luogo, per riadattarlo, per fargli cambiare aspetto. Poi servivano almeno due camici, un po' di incenso, qualche illustrazione oriental-new age da appendere alle pareti e prodotti da inserire nelle vetrine. Martina sembrava non fermarsi: prendeva misure e le annotava su un quaderno, sfogliava riviste, provava colori, poi cercava di immaginarsi la costruzione della stanza. Ne riassumeva le proprie visioni in veloci schizzi che mostrava a Bea. Poi una partiva in una direzione mentre l'altra si metteva giacca e sciarpa per partire verso un'altra e rimediare ciò che serviva.
Serviva una lunga preparazione, un po' di compensato, vernice, smalti e un viaggio in Sardegna per rimediare i "costumi".
Ma ancora prima bisognava procurarsi un po' di materiale didattico: video, film... Avevo sfruttato, per l'ideazione della situazione del momento del furto, una notizia di cui Paolo mi aveva parlato un po' di tempo prima e che riguardava un misterioso tempio nel nord del Giappone. A quel punto l'avevo unita alla casuale visione di "Profumo di donna" del sabato precedente, che avevo quindi considerato un segno del destino. Ne era scaturita un'idea assurda, ma talmente assurda, che poteva davvero essere credibile. Paolo fornì video, telecamera e film a Pilar, che si mise dalla sera stessa a visionarli in compagnia di Silvia e Martina.
Andrea si mosse verso il lago per scendere successivamente con la Vespa, di cui avremmo in qualche modo avuto bisogno.
Teo valutava con Paolo le prime informazioni giunte dalla ricerca sulla serratura. Internet può veramente servire a tante cose, anche a progettare un colpo ben riuscito.
Passarono due o tre giorni di elaborazione e di pianificazione del progetto, prima di ritrovarci nuovamente a riflettere e a pensare a quello che ci avrebbe potuto attendere.
E quando capitò di fermarci, dopo quella prima ubriacatura emotiva e di tornare a pensare a quello che sarebbe potuto accadere al nostro futuro, fu nuovamente in cascina.
Erano passati altri tre giorni infatti e, mentre Paolo sfornava sempre nuove informazioni, che intanto erano diventate un dossier di una cinquantina di pagine, aspettavamo proprio quella sera l'arrivo di Andrea, che stava tornando in Vespa da Stresa.
Gustavamo il tramonto aperto, luminoso e fresco di questa giovane primavera di campagna, seduti ad un tavolo all'aperto, nell'aia della cascina, con i nostri cani attorno, in compagnia, come sempre, delle nostre cose semplici ma con la novità di un "puzzle intricato".... da montare.
Mentre i fumi della griglia venivano sventolati e schiaffeggiati dal mastro fuochista, che come al solito era Teo, al rombo scoppiettante di motoretta, vedemmo Andrea varcare l'arco, curvare e avanzare verso di noi.
Aveva un borsello al collo e un pacco di sale in mano... e ancor prima di spegnere la vespa mimò un antico fatto divenuto leggenda e passato alla storia come:

"la fiaba del giardiniere, del pacco di sale e del borsello della Old West".

Una grande entrata in scena, che ci fece abbandonare l'atmosfera romantica per tornare a quella assurda, grottesca, scanzonata e divertente che condisce i nostri giorni.
"Fa nen 'l furb ..." commentò Teo ridendo. "Andrea lo sai che ti devi mettere qua anche tu, con la buona volontà, per vedere come dovremo fare per aprire la borsa quando sarà ora..."
"Dammi almeno il tempo di arrivare....a proposito ho saputo che sul lago cercano qualcuno per dare in gestione una bocciofila con bar e ristorantino. Magari in settimana vado su e vedo di parlarne un po'..."
"Ma se va bene il colpo altro che bocciofila sul lago in "culonia" - gli risposi - apriamo un albergo nei Caraibi, dove vuoi tu".
Quella battuta tirata lì per caso, ci fece ritornare tutti a sedere. Ci chiedevamo, cosa ne avremmo fatto di quel denaro? E quanto sarebbe stato? Dove l'avremmo messo? Ognuno ne diede un'idea, ma quella definitiva fu di Andrea che si mise in moto per attivare le sue vicine conoscenze, le quali si sarebbero occupate di creare dei conti in banche estere per ognuno di noi.
Era un uomo fidato per la nostra giovane organizzazione, e il suo ruolo da esterno meritava un nome in codice, che in questo caso decidemmo che sarebbe stato: Lionel Richie.
Quindi nel caso avessimo avuto in mano il denaro, potevamo davvero metterlo al sicuro in maniera comoda.
Ognuno ne avrebbe fatto quello che meglio credeva e questo bastò per fare in modo che la fantasia di tutti noi, si mettesse in moto, varcando confini, aprendo sentieri fino a quel momento impensati e inesplorati. Fossero stati centinaia di migliaia di euro a testa si sarebbe potuto veramente pensare di comprare una casa. O di trovare un qualcosa di grande, che potesse contenere tutti noi: un cascinale tutto nostro, oppure una villa al mare.
Quello che voleva dire un colpo del genere... era dimenticare per sempre la parola "affitto", abolire le rate delle nostre automobili, dei nostri mutui. Ma forse anche di più...
Cambiare vita.
"Venite con noi a Parigi" ci disse Pilar.
"Di sicuro mi licenzio e viaggio per il mondo per sei mesi..." risposi io.
"Io vado in Thailandia e poi in Australia - aggiunse Teo -. Poi torno e mi cerco un bel posto da ristrutturare, magari... una casa nel bosco".
"Magari un bel giro del mondo per sei mesi - gli rispose Martinez - ...però poi anch'io torno e mi prendo una vecchia casa campidanese in Sardegna e ci costruisco, un agriturismo con Bed and Breakfast...".
Ci fermammo dal sognare, quando arrivammo al punto in cui Andrea illustrava il progetto di comprare una barca tutti insieme e di fare un ristorante galleggiante sul lago di Mergozzo. A quel punto capii che con tutto il mondo davanti fra cui scegliere, con la libera fantasia di possedere centinaia di migliaia di euro e poi pensare di andare a vivere navigando fra le acque del più piccolo dei laghi del distretto piemontese, voleva proprio dire che Andrea era vittima dell'incantesimo del lago...
Ma questa unione con l'acqua e il sogno di qualche giorno prima, avrebbero in seguito saputo generare l'ultimo tassello dell' intricata faccenda.

Intanto si era fatta ora per ritornare alle nostre abitazioni e ricominciare la settimana. Ci saremmo dati appuntamento per il mercoledì seguente, da Paolo, per affrontare un altro quesito fondamentale del piano. Come avremmo aperto la valigia?
Il mercoledì seguente, dopo le pizze della premiata ditta BEA&PAOLONE, un paio di birre e qualche tisana, ci mettemmo ancora una volta al tavolo per discutere.
A quel punto bisognava scoprire come aprire la borsa, togliere il rilevatore satellitare e distruggerlo, prendere i soldi e scappare il più lontano possibile, cercando una via in cui sarebbe stato impossibile, o quantomeno difficile seguirci.
Pensando al rilevatore nella valigia, tornammo a pensare anche al mio. A quello che mi avrebbero dato Tosi.
Proprio in quella sera scadevano i dieci giorni dal nostro incontro in chiesa, e lui non si era ancora fatto sentire.
Una cosa la decidemmo tutti insieme, dal momento in cui mi sarebbe stato affidato il ricevitore, non sarebbe stato più sicuro incontrare gli altri.
Io sarei dovuto rimanere lontano da tutti, per gli ultimi dieci o sette o "quanti-sarebbero-stati " giorni che avrebbero preceduto il colpo. Avrei dormito nella mia vecchia casa, e avrei frequentato un quartiere lontano e diverso da San Salvario, per depistare in seguito eventuali inchieste o indagini.
Mettemmo a punto un piano per tenerci in contatto ogni sera e adottammo anche una strategia per fare in modo di comunicare o mostrare a Paolo il mio trasmettitore, per fare in modo che lo potesse studiare. Infatti lui avrebbe avuto a disposizione quei pochi giorni, per capire come annullarne il segnale, nel più breve tempo possibile. Sarebbe stato indispensabile, il giorno del furto, disattivarlo immediatamente infatti, perché non potevamo prevedere il momento esatto in cui il "contatto", avrebbe scelto di effettuare lo scambio e si sarebbe accorto del furto. E soprattutto in cui avrebbe cercato di rintracciare la borsa, attraverso il computer o il palmare che avrebbe portato con sé.
Studiammo qualcosa di veramente arguto, per la sera stessa in cui mi sarebbe stato consegnato il dispositivo. Ci tenevamo da parte, io e Paolo, da un po' di tempo, una promessa per un'uscita al cinema e decidemmo che quando sarebbe venuto il tempo, ci saremmo andati a vedere finalmente l'ultimo film dei fratelli Cohen.... ma facendo finta, chiaramente, di non conoscerci.
Per quanto riguarda il furto della borsa, bisognava essere preparati a diverse opportunità. Solo la mattina stessa avremmo saputo di che borsa si sarebbe trattato, e avremmo avuto non più di due ore a disposizione e una Vespa con autista pelato, per trovarne un'altra identica in Torino.
Bisognava anche affidarsi alla provvidenza, ma intanto durante il nostro ultimo incontro in cascina decidemmo di darci da fare per non trovarci poi nel panico. Infatti nei tre giorni che trascorsero fra i due incontri, ci eravamo occupati di stilare un elenco dei negozi che vendono valigie nei pressi di San Salvario e di questi organizzammo una tabella per annotarci le marche trattate da ogni attività. Ci muovemmo tutti a tappeto, entrando nei negozi e fingendo di fare shopping. E quella sera da Paolo unimmo tutte le annotazioni raccolte, creando un semplice foglio di calcolo Xcell.
Ora il problema era come ci saremmo dovuti comportare, quando sarebbe arrivato il momento dell'apertura della valigia. Le possibilità erano diverse: se fosse stata una borsa morbida si sarebbe potuta tagliare e a quel punto sarebbe intervenuto Teo, che nei paraggi avrebbe tenuto una sua cesoia. Ma se fosse stata rigida si sarebbe stati costretti a intervenire sulla serratura.
"Per aprirne una determinata serie, diciamo i gruppi di serrature per valigie più venduti - ci disse Paolo - bisogna semplicemente usare un caccia-vite, facendo leva e scardinando le due serrature. Altre invece hanno dei meccanismi meccanici a rotella, quelle classiche con le combinazioni di numeri da allineare. Su queste ho notato che in alcuni casi basta una calamita per far muovere dall'interno le serrature cilindriche, portandole fino al punto di allineamento e quindi di apertura. Se fosse una chiusura a serratura, ossia come quelle delle porte di casa ma in piccola scala, con delle piccole chiavi, sembrerà strano, ma la cosa più efficace è una martellata! Sì, una martellata ad un chiodo che deve essere inserito nel nottolino, in modo che il colpo sfondi il fondo del nottolino facendone saltare così l'attaccamento alla valigia... a quel punto basta estrarre i due nottolini e aprire la borsa".
"Come hai fatto a imparare tutte queste cose in dieci giorni?" Gli chiese Martina
"Ho trovato alcuni manuali che ho cercato di tradurre dal giapponese e poi ho fatto alcune prove".
"Paolo secondo te avremo il tempo di aprirla? Ci troveremo con cattive sorprese quando sarà l'ora?"
"Sinceramente penso di no. Ho già valutato almeno cinque metodi diversi per poter aprire una valigia e penso che non ne esistano molti altri, perché dai modelli che sto andando avanti ad esaminare, non si trovano serrature che potremmo definire... rare. Perciò penso che quando scopriremo di che dannata valigia si tratta, avremo già in mente la tecnica da adoperare per aprirla. Però dovremmo saperlo quanto prima...".
"Non ti preoccupare per questo - gli risposi -, ho già in mente qualcosa per guadagnare il massimo del tempo possibile... però qualcuno di noi... sarà costretto a fare un viaggio, ancor prima che cominci tutto".
"Ti riferisci a Marty che andrà in Sardegna - mi rispose lui, riordinando attentamente nel suo dossier, tutti i fogli sulle serrature delle valigie - so che deve andare a prendere i prodotti e i camici, ma poi tornerà qua in pochi giorni"
"No, mi riferisco a qualcuno che il giorno del colpo, dovrà essere da un altra parte"
"E dove?"
"Questo me lo dirà Tosi... ma ad oggi non si è ancora fatto sentire. Mancano venti giorni esatti".
Guardai Paolo che annotava e ordinava i fogli "Siamo diventati tutti pazzi, secondo te? - gli chiesi, cambiando bruscamente punto di vista - E' uno di quei casi di follia collettiva? Eh Paul... vi ho messi in un bel pasticcio?"
"No Roby, ci hai fatto vedere un treno che passa in corsa e ci hai detto che ci si poteva saltare sù tutti insieme. Ma ti serviva una banda... eccola".
"Eccola - intervenne Martina - a proposito della banda è tutto come avevi pensato Bob: ognuno ha la sua parte e ti dico che ognuno questa parte la vuole. Non si torna più indietro ormai. O saremo pazzi, o saremo dei geni. Lo sapremo il 29 febbraio di questo anno bisesto. Intanto guardati intorno: hai ... Il basista, la vedetta, l'accompagnatrice, la staffetta, il curanderos, il luogo, il ladro, il fuggitivo e l'asso nella manica... che tra l'altro non ci hai ancora detto chi è..."
"Paolo lo sa"
"A proposito Bob, sono già d'accordo che facciamo un paio di prove dopodomani, venerdì. Tanto è lì al lavoro. Tu ci sei?" mi rispose Paolo, facendomi notare che si era già preso cura anche di questo aspetto che lo avrebbe comunque riguardato.
"Certo che ci sono - gli risposi, mentre constatavo che intorno a me nessuno sentiva il minimo desiderio di mollare il progetto, nonostante fossimo così inesperti. Poi mi rivolsi alla mia prima complice - Marty è così... abbiamo fatto andare giù questa zattera dagli ormeggi e dobbiamo arrivare fino a valle, la corrente più va avanti, più diventa forte. Hai ragione tu. Scendiamo fino alla fine, come abbiamo promesso. A proposito hai nominato anche il luogo nel tuo elenco... alla fine ha deciso quindi?"
"Sì - e si girò verso Paolo -, il posto migliore come pensavamo è questo. E' il più adatto e ha due uscite, indispensabili per non far rischiare le persone... soprattutto Bea"
"E allora sarà così - rispose Paolo accettando di dover prestare il suo ufficio - ma niente danni".
"Non ti preoccupare Paolo - rispose Martina - allestiremo creando una scenografia su compensato... l'unica cosa che monterò sarà una carrucola e poi dovremo trovare un qualcosa che possa passare per un lettino".
Mi squillò il telefono e pensai che potesse essere Tosi... invece era Piero
"Ciao Roby...tutto bene?"
"Sì ciao Piero, tutto bene e tu?
"Bene...bene. Volevo saper se quel Tosi si era fatto più sentire? Ci aveva detto che avrebbe chiamato..
"Mi ha fatto sapere che mi avrebbe chiamato in questi giorni, ma per ora nie..."
"Ah quindi tu l'hai sentito?"
"No... ma ché. MI ha mandato una mail per darmi delle informazioni riguardo al prossimo evento che organizzeranno al Museo; e mi ha fatto sapere che mi avrebbe telefonato entro dieci giorni. Ma come ti ho detto. Non si è fatto ancora sentire..."
"Senti Roby e se noi andiamo a raccontare tutto a qualche altro giornale? Magari Tosi alza il prezzo?"
Che rompicogl... sto Piero. Devo assolutamente vietargli di fare qualsiasi cosa o di farsi anche semplicemente venire in mente di farla. Ma cosa succede se poi non mi dà la pietra? Sarebbe un guaio, mi potrebbe anche far saltare il piano. Intanto dovevo inventarmi qualcosa per distoglierlo dai dubbi.
"Piero quello è un tipo preciso, ascoltami. Vedrai che domani mattina mi avrà chiamato e avrà già fissato l'appuntamento. Se vuoi però gli posso parlare io e vediamo se il prezzo del silenzio, ha anche un po' più valore...bravo mi hai fatto venire una bella idea. Poi ti ricordo che è meglio soprattutto per te, che hai rinvenuto l'oggetto, di non far sapere nulla alla Polizia o alla Guardia di Finanza. Non pensare a certe sciocchezze, bisogna avere solo un po' di pazienza. e sangue freddo... e alla fine, saremo premiati".
"Va' bene... ma senti, per cambiare discorso: non è che c'è qualcuno fra i tuoi amici che sta cercando una macchina? Perché io ho per le mani un affare, si tratta di una Grande Punto del 2005, sai quelle un po' grandinate... non è stata praticamente usata. Si tratta di un unico proprietario anziano che l'ha tenuta due anni in garage e...."
"Scusami Piero, ma come può essere grandinata e poi essere di un anziano che la teneva in garage? Scusa l'ha lasciata fuori solo quando ha fatto al grandinata? Non mi suona giusta?"
"No, cosa hai capito... era grandinata poi l'ha comprata e poi l'ha messa... senti è del figlio di un mio amico. L'ha comprata sei mesi fa ed è già andato a sbattere due volte. La vuole fare fuori un po' bene....non so se mi capisci... perché se ne vuole prendere un'altra...se tu conosci qualcuno...per te c'è sempre la percentuale..."
"Managgia Piero....non la smetti mai - finalmente mi sentivo libero di dirglielo in faccia - ogni volta mi cerchi di far vendere una macchina... senti invece non è che mi presteresti l'Audi gialla per un giorno, che ho un importante appuntamento di lavoro? Oppure dimmi quanto vuoi per l'affitto"
"Ma tu non hai la tua?"
"Sì ma devo portarla dal meccanico e proprio quel giorno mi hanno fissato un appuntamento importante. Dai dimmi quanto vuoi?"
"Ma si non è perché... ma infondo sei tu...non ti preoccupare, giusto le spese. Facciamo... 80 euro"
"Ma vaff... ....mmm... va bene. Te la prenoto già adesso e la verrò a prendere il 27 febbraio, ricordatelo".
Pensai fra me e me, che con certe persone la vita è sempre una giungla. Ogni conoscenza è valida solo nella possibilità che porta con sé,di essere un affare appetibile. Però questo piano mi rendeva più forte, coraggioso e sicuro e solo parlando con lui, riuscii a farmi venire l'idea dell' Audi gialla, con cui si era presentato al nostro primo incontro. Un altro pezzo nel mio mosaico.
"Piero mi raccomando non parlarne con nessuno della moneta di Semiro, Tosi è l'unico che ci può far guadagnare qualcosa. Ti telefono fra due giorni e grazie ancora per lo sconto sulla macchina".
"Non ti preoccupare...e se senti qualcuno che è interessato alla Punto fammelo sapere..."
Buttai giù la telefonata e tornai a concludere la serata con gli altri.
A questo punto non rimaneva che dare una mano a Martina e aspettare una telefonata.
Una telefonata che avrebbe determinato gli ultimi dettagli di un piano quasi completo... e quando il cellulare suonò, fu solo tre giorni più tardi.
Di nuovo un sabato mattina...

martedì 18 marzo 2008

CAPITOLO TERZO: Il primo dei due giorni incredibili, che hanno cambiato per sempre la nostra vita.

nota dell'autore: avevo voglia di andare avanti e questa settimana regalo un doppio capitolo!

Il risveglio fu da incubo. Avevo il collo bloccato, la pancia che mi faceva male, la gola asciutta. O era la tensione, o l'aperitivo all'Area caffé mi aveva fatto male.... da Silvia non lo avevo preso il caffé, alla fine.
Agimmo come avevamo deciso e non partimmo tutti insieme; uscirono di casa prima loro due, io aspettai tre minuti esatti di orologio, poi mi incamminai. Il mio cervello si agitava all'impazzata, tutto quello che potevo fare lo facevo: mettevo un piede davanti all'altro e tenevo la testa bassa.
Alzai lo sguardo solo quando mi trovai all'entrata della chiesa. Martina a cavalcioni della panchina, con una rivista aperta e il cellulare in mano, mi vide con la coda dell'occhio e poi girò lo sguardo da un'altra parte. Appena dentro, guardai fra i presenti e provai ad intravedere la figura di Tosi. Non mi sembrava di vederlo.
Vidi però Teo seduto in un banco sulla sinistra, fra gli ultimi al fondo della chiesa. Io quindi andai a destra e mi posizionai qualche fila davanti a lui, al limite del corridoio centrale. Lui potevano vedermi e Tosi si sarebbe dovuto sedere per forza alla mia destra, così io mi tenevo la corsia principale, alla mia sinistra, come via di fuga. Questa era la mia piccola e inutile mossa.
Tosi entrò in chiesa cinque minuti più tardi e si venne a sedere alla mia destra, come da me premeditato. Ma non aveva alcuna intenzione di farmi fuori, anzi mi salutò e mi strinse la mano con simpatia e un po' di imbarazzo.
"Immagino che sappia il perché di questo incontro urgente. Avrà letto le mail che le ho inviato per sbaglio?".
Io annuii solamente.
"Sa, si tratta di un affare molto grosso e ci sono pochi ma importanti collezionisti al mondo, veramente disposti a sborsare delle grosse cifre, per avere quella moneta. Io penso e voglio dimostrare, che gli errori si pagano; e visto anche... che ho bisogno di una persona insospettabile e a me non riconducibile, per portare a termine la trattazione... le propongo: di tacere con Piero, farsi dare la moneta di Semiro e provvedere per conto mio allo scambio. Le offro... 150 mila euro!".
Che imbecille che sono...
Mi girai un attimo e vidi Teo con la testa fra le mani e lo sguardo fisso verso l'altare che quasi singhiozzava. Sembrava un uomo disperato, non potevo fare niente, neanche un gesto... lo lascai lì a recitare una parte senza senso.
Che imbecille che sono e faccio diventare imbecilli anche gli altri.
"Cosa dovrei fare?"
"Guardi Pelleriti, si tratta di seguire alcuni piccoli dettagli ma tutto sommato si tratterà di andare all'aeroporto, incontrare il nostro contatto, accompagnarlo a pranzo in centro, fargli trascorrere una giornata piacevole... magari andando in giro per la città, o altro ... lì dovrà vedersela lei. Poi fare lo scambio: dare la medaglia e prendere la borsa. A quel punto deve venire all'inaugurazione della mostra insieme al nostro contatto. Entrando dalla porta principale si intende, fra gli invitati e le autorità. Per quanto riguarda i dettagli le invierò una mail appena torno a casa, che lei dovrà stampare e cancellare immediatamente. E' chiaro?
Nella mail troverà quello che dovrà fare da qui al 29 febbraio e in più, la spiegazione della mia piccola cautela nei suoi confronti. Un'assicurazione diciamo. Non si preoccupi... non è niente di doloroso. Si tratta comunque di un semplice accorgimento, che lei dovrà tenere con sé per essere rintracciabile già da una settimana prima dell'incontro. Vedo la sua perplessità, allora sarò più chiaro: dovrà portare con sé un rilevatore gps... una specie di antennino satellitare, così sapremo i suoi movimenti. Deve capire Pelleriti che lei... da questa mattina... sa troppe cose... ma se si attiene alle regole, non ha alcun motivo di preoccuparsi. Noi siamo professionisti seri, agiamo secondo protocolli e prendiamo solo qualche precauzione".
Tosi, per la prima volta si mise a parlare al plurale. La cosa non era casuale. Mi fece capire che era un accordo, uno scambio fra organizzazioni criminali. Quali fossero, non lo venni mai a sapere con certezza, anche se l'identità di una delle due, nel proseguo della storia, diventa scontata e deducibile.
"Come lo riconoscerò il contatto? O come riconoscerà lui me?"
"Fino a questo momento non si sa ancora chi sarà il contatto, ma verrà stabilito l'acquirente fra dieci giorni al massimo. Io la informerò per tempo di questo, come degli altri accorgimenti a cui dovrà attenersi. Ad esempio, io non dovrò sapere dove porterà il contatto, dal momento in cui atterrerà l'aereo, fino al momento dell'inaugurazione, perché quello deve rimanere a me sconosciuto. Ognuno qui ha il suo ruolo Pelleriti. C'è chi infatti, a parte me, avrà il compito di seguirla, tramite un semplice navigatore, passo per passo, chi invece dovrà accompagnare il nostro contatto... e chi si occuperà di mettere a posto le cose, nel caso non dovesse filare tutto liscio..".
"E dove lo porto dopo il pranzo?"
"Le ho appena detto che io non devo saperlo, non devo conoscerlo, è una precauzione. Lo porti che ne so... al Quadrilatero, oppure a farsi fare un massaggio, o lo porti... a vedere il museo del cinema, oppure a farsi fare una sauna. Faccia lei insomma, e non me lo dica mai. Le preciso fin d'ora un'ultima cosa importante, sarö lui a decidere il momento dello scambio. Noi il luogo e loro il momento. E' una procedura tradizionale per evitare raggiri o piani organizzati... comunque troverö tutte queste cose, per ora solo accennate, all'interno della mail". Tosi si voltò, fece un sospiro: "Povera gente - disse dopo aver guardato per un attimo Teo alle sue spalle -. Così giovani e così vuoti di speranze. La saluto Pelleriti... dimenticavo: se la pietra sparisce...la faccio fuori".
"Arr...vd..ci" ero inebetito.
Non avevo neanche detto sì o no alla sua proposta, lui aveva già scelto per me. Che situazione allucinante. Tosi esce dalla chiesa, Martina e Teo non si avvicinano, come avevamo stabilito, per non dare sospetti e non rischiare.
Io invece non capivo nulla. Non sapevo se essere euforico o se sentirmi un condannato a morte. Carne da macello. 150 mila euro è vero, ma qualcosa dentro di me pensava male. Anzi pensava, per essere precisi, al peggio. "Questi qua pagano me?- pensavo ancora seduto sul banco della chiesa - Ma figurati! Mi faranno fare il colpo e dopo mi daranno un colpo a me... in testa... e... ciao ciao Bob. I soldi sono un'esca, se qualcosa va storto mi fanno fuori lì e subito, se va dritto, invece, mi fanno fuori al momento di chiudere il conto".
Ero oltremodo negativo ma era il comportamento di Tosi che mi rendeva così; si mostrava docile, colto, raffinato e poi bastava una parola per tirare fuori gli artigli. Se poi ragionavo sui nostri dialoghi, si capiva che non c'era possibilità di paragone, lui senza spostare un dito e senza mai avermi visto prima, mi comandava come un burattino. Sentivo di essere la preda e non uno divenuto complice di qualcuno di importante. Cosa sarebbe stato disposto a fare? O chi per lui? Cosa era l'organizzazione alle sue spalle?
E poi c'era quella mia pazza idea, che in questo momento diventava anche una via di fuga, oltre che di rivalsa. Un qualcosa nelle sue parole aveva lasciato, ancora una volta, aperta una possibilità a quel mio pensiero della mattina precedente. Al mio piano, insomma. Sentii di nuovo il vento spingermi dietro la schiena. Dovevo però confrontare con esattezza quello che lui mi aveva appena detto, con quello che mi avrebbe scritto nella mail.
Mi alzai, mi girai e uscii dalla chiesa, mezz'ora dopo eravamo tutti e tre a casa, ognuno con la propria tisana e con una mail stampata in mano.
Il rischio si faceva concreto, la cifra però... era da capogiro.
Anche a Martina qualcosa in quelle parole suonava storto, e anche se voleva che abbandonassi immediatamente la situazione, non mi negava la possibilità di attuare un piano... lo leggevo nei suoi occhi.
Ma l'umore nero provocato dalla paura e dalle minacce ci lasciavano chiusi nella stanza del dubbio.
Non erano neanche le undici e decidemmo perciò di andare a prendere un capuccino al Caffé Lumiere... avevo di nuovo bisogno di aria. Proprio là incontrammo Silvia... meno male; ci raddrizzò l'umore, come sapeva fare da sempre. Una centrale di energia vitale a pieni giri anche di domenica mattina. L'effetto di una spremuta d'arancia in cui hanno immerso un peperoncino. Ma soprattutto un'amica sempre pronta a prendersi cura di noi. Dissi dei miei dolori di stomaco e lei mi pose una mano sulla pancia, improvvisando una miniseduta del suo apprezatissimo Reiki, lì fra i tavolini aristocratici del Lumiere. Poi toccò a Marti farsi reikizzare il collo... non riuscivamo più a trattenerci, si vedeva la nostra tensione in volto. La guardai e le dissi... "Alziamoci da qui e andiamo a casa, che dobbiamo raccontarti una cosa". Finita la ricreazione d'aria, tornavamo a sentire la necessità di chiudermi.
Quando iniziai il racconto Silvia lo prese in modo scherzoso come sempre, ma le ultime due parole di Tosi, erano una lama puntata alla gola. "Digli che non lo fai e basta. Che non ti interesse. Gli dai la moneta e la fai finita così. Alla fine scherziamo e ridiamo ma questa è gente seria. Mica i quattro bulli di quartiere"
"Chissà Silvia, se posso ancora tirarmi indietro... arrivato a questo punto? E chissà, diciamocelo chiaramente, se è poi la scelta giusta da fare? Mi offre comunque un fracco di soldi, ed è questo il punto. Lui, mentre noi parliamo, starà facendo alzare l'asta fra il giapponese e l'americano".
"Certo che la libertö di poterlo portare dove vuoi fa ridere - mi disse Silvia, dando eco ad un pensiero, che da subito aveva stuzzicato anche il mio ingegno - ...a quel punto, lo potresti anche portare a casa mia. Solo se è un bel tipo Bob, mi raccomando".
A quel punto apparvero delle lampadine sopra la mia testa e si accesero.
Guardai Marti, "Ci vorrei ragionare su", le dissi
"Tanto per dieci giorni Tosi non si farà sentire - mi rispose puntando i suoi occhi blu fuori dalla finestra, verso una vita senza più grane -... guarda che bel sole, Roby. Dopo pranzo, portiamo i cagniacci fuori?"
"Andiamo in cascina? - intervenne Teo, mettendo sul piatto lo stesso disco di ogni domenica - Ci mettiamo là, grigliamo due cose...".
In cascina c'era Andrea e poi ci raggiunsero anche Pilar con Paolo e Bea.
All'uscita dall'autostrada caddi in una forma di catalessi. Arrivati in cascina, salutai Andrea senza riuscire a schiodarmi da un pensiero che aveva iniziato a cucire tele e costruire ponti, raggiungendo e unendosi a tutti gli altri. Quelli che nei giorni precedenti erano stati, prima generati e poi lasciati appesi, come un qualcosa che dopo la lavorazione, deve fermentare. La frase di Silvia aveva unito tutto. Il piano era chiaro e lucido nella mia testa e io lo stavo giö percorrendo in lungo e in largo.
Teo mi parlò delle condutture e del passaggio fluente e senza barriere da parte dell'acqua della cascina, finalmente. Da ogni rubinetto ora usciva acqua pulita. Quella situazione era quello che più poteva assomigliare al mio umore. Avevo trovato la chiave decisiva. Il pensiero non incontrava più ostacoli e il piano correva giù fino alla fine, entrando in tutti le condutture, in tutte le diramazioni, senza trovare un ostacolo.
Avevo capito come fare. O meglio dovevo risolvere ancora tanti quesiti, ma avevo trovato un modo per farcela.
Li presi da parte e iniziai...
"Ragazzi, mi preme cominciare col dirvi che non sono diventato matto, ma come Teo, Marti e Silvia possono confermare è successa una cosa davvero incredibile..." Dopo aver ripetuto quello che era fin lì successo, iniziò il momento di raccontare il piano che avevo escogitato....
"Lasciatemi finire vi prego..." la combinazione di cose era davvero fattibile e lavorando tutti insieme, avremmo potuto capovolgere la situazione a nostro vantaggio. Avremmo potuto giocare in casa, comandare il gioco. Sicuramente avevo già catturato il loro interesse.
"Secondo te quanto ci potrebbe essere lì dentro?" Mi chiese Andrea con un mezzo sorriso.
"Almeno il doppio di quello che mi raccontava nella mail - gli risposi in fretta, per passare subito alla mia di domanda - invece come facciamo con i rilevatori satellitori? La mail spiega che uno lo porterò io e l'altro sarà dentro la valigia..."
"Non è un problema insormontabile - mi rispose Paul - sarà uguale a quello che porti tu. Avremo quindi una settimana per studiarlo e capire, tramite tentativi, qual è il modo più veloce per disattivarlo...."
"Si ma come la apriamo la valigia?" Chiese Pilar
"E' qui che è indispensabile, come ti ho spiegato prima, guadagnare tempo...." gli risposi e nel frattempo Teo e Andrea parlavano di un altro particolare. Marti pensava già come fare per la sua parte che prevedeva un lungo lavoro e ne discuteva con Bea... intanto avrebbe dovuto anche andare in Sardegna, per procurarci alcune cose. Era complesso anche il lavoro di Paolo, che sulla serratura, avrebbe dovuto iniziare un lungo studio giö dal giorno successivo.
Ma il centro dell'azione prevedeva una grande interpretazione, una prova da Oscar, una parte difficile e cruciale. Ed è per questo che ci affidammo a Pilar, che oltre a preparare la sua parte, avrebbe dovuto darci un po' di lezioni di recitazione. Poi serviva un meccanismo per avviare l'inganno, per fare entrare il contatto dentro il tranello e ultimo, ma non meno importante, un luogo dove attuare il furto.
Andammo nuovamente avanti e indietro con la descrizione dei fatti. Ci ponemmo ancora tutte le domande del caso. Ma il piano sembrava a tutti scivolare via, in modo perfetto...
Due cose avrebbero fatto pendere ora le scelte, ed erano due infatti le risposte che doveva dare Paolo. Come aprire la borsa, o la valigia, o la ventiquattro ore in cui viaggiavano i soldi e come togliere il rilevatore e disattivarlo.
Ma fui lui, il primo a crederci...
"Sembra impossibile, non sapendo neanche di che valigia si tratti... eppure so che posso portarmi avanti con il lavoro - mi disse sorridendo ma parlando seriamente -, studianto alcune famiglie di serrature, si può arrivare preparati, perché si comportano tutte nella stessa maniera... per quanto riguarda il rilevatore, potrebbe essere ancora più semplice di quello che sembra... anzi mi è venuto in mente, che lo potremmo usare a nostro vantaggio. Prevedo inoltre, che lui porti con sé un palmare o un portatile da attivare in caso di smarrimento della borsa... oppure di tua fuga... caro Bob".
Eravamo in otto, più un asso nella manica che avrei tenuto in caso di necessità e che avrei contattato solo successivamente.
Stringemmo un patto e in quel giorno mischiammo per sempre le carte della nostra vita. Lo battezzammo in seguito: "il primo dei due giorni che ci hanno cambiato la vita".
"Manca ancora una cosa...visto che mi riguarda - disse Silvia - dobbiamo decidere come fare, per essere sicuri di distrarlo nel momento in cui ...
"Qualcosa ci verrà in mente - le dissi - niente di compromettente... si intende".

lunedì 17 marzo 2008

CAPITOLO SECONDO (?): Al principio brava gente

nota dell'autore: dopo il grande successo del primo capitolo, ho ceduto i diritti cinematografici di Sansalvario Connection ad una produzione italo-spagnola che però, all'interno del contratto, mi ha obbligato a inserire un'attrice di lingua spagnola, con cadenza andalusa, fra i protagonisti della storia. L'intenzione è di distribuire il film anche in Sud America. Per tanto pongo un'errata corrige: d'ora in poi si intenda che i componenti della banda diventino nove e nove saranno quindi anche i milioni di euro recuperati.
2^ nota dell'autore:
sono stato anche fermato, nei giorni seguenti alla pubblicazione del primo capitolo, da due loschi individui mentre salivo in metropolitana... perciò prima che termini il racconto, nonostante la storia si svolga interamente a Torino e in particolare nel quartiere San Salvario, dovrò fare riferimento, o comunque citare la città di Bari, in modo chiaro e con appellativi positivi.

"Ti serve una vacanza, tesoro mio, altro che una banda. Vai dal dottor Cottino e ti fai dare cinque giorni di mutua. Sei troppo stressato". Questa idea assurda, unica e soprattutto criminale che mi aveva travolto come una valanga, aveva indotto Martina ad avere un po' di pena per me. Penso che mi vedesse sulla soglia oramai del delirio, in preda alle idee più disperate, pur di poter mischiare le carte, pur di cambiare le sorti del mio quotidiano.
"Devi avere un po' di pazienza Roby, hai seminato tanto e verrà il tempo di raccogliere.."
Purtroppo io ero già in corsia di sorpasso, la mia mente aveva messo la freccia, allacciato le cinture e non mi lasciava più tornare indietro. Anzi avevo difficoltà anche a lasciare il Valentino in quel sabato mattina.
Il nido dove era partorita un'idea di una natura a me, fino a quel giorno, sconosciuta. Ero sospinto, dovevo seguire il mio pensiero fino in fondo, una sensazione simile a quella di correre con il vento alle spalle e fare un salto lunghissimo.
Qual era quel pensiero? Quello di poter intervenire nella questione. Conoscevo il vero valore dell'oggetto e le intenzioni di Tosi da un lato, e dall'altro avevo dalla mia la conoscenza di Piero e quindi la possibilità di avere in mano la moneta funebre del Faraone.
Come fare ad eseguire il mio piano, fino a quel punto, rimaneva un mistero.
La cosa importante era non cedere mai l'oggetto.
I soldi sarebbero arrivati qui in un modo o nell'altro, questo era chiaro e per riconoscere chi li portava bastava vedere se avevano gli occhi a mandorla o se chiedevano un caffè ....'mericano. Intanto pensavo a Tosi, l'uomo di scienza, intento a far alzare il prezzo dell'affare. Durante il nostro incontro era sembrato un pezzo di ghiaccio.
"E se si fosse accorto dell'errore fatto la notte prima? .... No, non se ne sarà accorto". La mia testa non si fermava più!.
"Basterebbe un bel piano, un'azione ben combinata come la Stangata. La Stangata... la Stangata... un'altra idea!"
"Di questo passo mi rinchiudono - dicevo guardando Martina - mi stanno venendo delle idee folli"
Martina, ridendo e con un fare non troppo impegnato mi diceva: "Senti torniamo a casa".
Camminavamo parlando di tutt'altro e ci fermammo da Elsa a comprare la colazione per la domenica mattina.
San Salvario ci coccolava, come faceva ogni volta che gli davamo la libertà di farlo. Davanti alla Sinagoga il solito andirivieni: la signora vestita di nero con il cane anche lui nero; parte l'abbaio e parte l'incazzo della signora... come tutti i giorni.
La solita famiglia di peruviani, il figlio di Elsa che cammina spedito, e poi da Via Sant'Anselmo, Andrea il restauratore, che sbuca con il suo cappello da cowboy e svolta in via San Pio. San Salvario mi ricorda "Fa la cosa giusta" di Spyke Lee: un continuo passare delle stesse facce, un paesaggio in perpetuo movimento. Un quadro che non finisce mai di essere dipinto, perchè gli elementi non stanno mai fermi: ecco infatti Maurizio che gira l'angolo in bici e dopo di lui, l'amico pakistano del Kebab, che sfreccia sulla sua Barchetta. Le strade sono canali, dove corrono le nostre vite... sempre in divenire.
Alzo gli occhi e vedo Silvia che pulisce le sue piante, le faccio un fischio:
"A bella..."
Ci saluta con un bel sorriso... come sempre.
"Volete un caffè?"
"No grazie dobbiamo andare a montare un pezzo dello scaffale - dicevo così, per evitare il gusto, ogni volta tremendo, del caffè della mia amica - se non lo faccio oggi, devo aspettare un'altra settimana"
"Ci vediamo per un aperitivo all'Area-caffè stasera, allora, con Dani e Pilar?"
"Va bene. Ma a che ora?"
"Andiamo là per le otto, passano anche Teo, Paolo e Bea".
"Perfetto a stasera"
Arrivati a casa, sentivo dal pianerottolo il mio cellulare, suonare all'interno dell'alloggio.
"Non mi sono accorto neanche di averlo lasciato a casa"
"Non mi stupisce affatto se lo vuoi sapere" Martina mi pigliava sempre per il culo per le mille distrazioni della mia anima grande, era il suo protocollo, doveva fare così.
Inseguii la suoneria fino in camera da letto, guardai sul display: "numero privato", risposi...
"Sì pronto?"
"Signor Pelleriti... sono Tosi"
silenzio... sentivo il fiato in pancia.
"Buongiorno"
"Buongiorno a lei... è una bella giornata vero?"
"Bellissima, vengo proprio adesso dal Valentino e.."
"Dobbiamo incontrarci, nuovamente. Le cose sono cambiate."
Era secco e diretto come un mitra...
"Si, va bene, io ho una settimana un po' piena ma possiamo fare per quella seguente"
"No intendo domani mattina. Alle 9.30, nella chiesa di San Pietro e Paolo in piazza Saluzzo. Sa dove si trova?"
"Si"
"Allora ci vediamo lì, le consiglio di non mancare"
"Non mancherò"
Una bella minaccia di sabato mattina. Si era accorto dell'errore!
Che cazzo faccio? Me ne vado? Mi nascondo in cascina da Teo?
Sono in para... mi faccio un caffè, mi faccio una doccia, mi fermo un attimo a pensare, magari... telefono a Teo, sono in para, che faccio? Si, telefono a Teo...

"Heila, heila... che fai Booob....?"
"Sinceramente, proprio in questo istante... mi sto cagando sotto"
"Hai mangiato qualcosa che non va?"
"No, no... dalla paura Teuz". mi scivolò un piccolo singhiozzo.
"Tutto bene Bob? Vuoi che vengo lì?"
"Sei da ste parti? Vuoi fare un salto?"
"Ehm...si, dai... faccio un salto".
Cosa voleva fare Tosi, aveva sicuramente scoperto l'errore e adesso...mi voleva fare fuori? Voleva il mio silenzio? Lo voleva pagare o lo voleva ottenere? Altro che piano criminale, in quel momento la storia sembrava finire ancora prima di incominciare e la mia vita quotidiana...? Volevo cambiarla? Ecco la possibilità per trasformarla definitivamente in peggio!
"Vuoi una tisana Bob" Martina mi guardava o almeno cercava di mettermi a fuoco, perchè mi aggiravo per la casa ad una velocità elevata, senza riuscire a fermarmi.
"Divento matto... vada per la tisana" cara la mia Martinez che sapeva capirmi e soprattutto sapeva anche non pigliarmi troppo sul serio.
Mi presi un altro paio di tisane con Teo... mentre in pochi minuti cercavo di raccontargli tutto.
"Domani ti accompagno, rimango fuori o mi metto al fondo della chiesa. Non farà niente lì, vuole solo parlarti nella massima segretezza, secondo me" . Mi rispondeva il mio amico, cercando di tranquillizzarmi.
"Sti cazzi però, tu ti fideresti?"
"No, io no. Se non vuoi andare, non andare, ma mi sembra che questo non ci mette tanto a trovarti. Meglio andare e cercare una soluzione per uscirne il prima possibile, credimi Boby".
"Bisogna essere pronti a chiamare la polizia - interveniva Martina - io mi metto fuori sulla panchina. Teo sta dentro con te. Togliamoci dalle balle sto Tosi".
"E se lo freghiamo? Ci teniamo i soldi e gli diamo un falso, per esempio, oppure scambiamo la borsa col denaro?" Buttavo fuori quello che poteva sembrare l'ultimo vagito di un pensiero sul binario di partenza e invece, quella frase, sarebbe diventata la scintilla del divenire più incredibile della vita di tutti noi.
Comunque in quel momento, Teo non mi disse di no, rise solamente... mettendosi sù a fare un'altra tisana.
Cercai di non pensarci più per il resto del pomeriggio, e fu facile a furia di tisane e grazie alla stanchezza di fine settimana.
Teo ci salutò dandoci appuntamento per l'aperitivo serale, io e Marti guardammo un film: "Profumo di donna", lei si mise a massaggiarmi la schiena per farmi scendere la tensione. Una parte della mia mente cercava una via di fuga, un biglietto per un altro mondo, un altra parte, invece, continuava a costruire idee pirotecniche e azioni tanto eroiche, quanto irrealizzabili. Mi stavo addormentando finalmente...
...sognavo l'acqua, il fiume, una canoa... Silvia mi aveva fatto ricordare da poco "Dead Man" di Jim Jarmusch, i ricordi dell'indiano in bianco e nero che saluta un moribondo Johnny Depp, si mischiavano con quelli delle nostre uscite in canoa sul Po e poi di nuovo tornavano al film, senza lasciare mai l'acqua.
I colpi di pagaia, l'odore dell'acqua, la sensazione di umido. I riflessi di luce, le onde che prima si alzano e poi si fermano..
...la notte di San Giovanni di qualche anno fa... più di cento imbarcazioni sul Po sotto le stelle a passare con una fiaccola accesa. Una processione incredibile.
La musica dei Pink Floyd, io e Andrea con le nostre fiaccole tenute strette fra le ginocchia, poi la cera sulle canoe e sulle gambe.
...giro lo sguardo e inquadro un canoa fra le tante intorno a noi, voga lento, la conduce un uomo vestito da faraone... mi saluta.
Finisce la processione, le canoe si affiancano l'una all'altra per guardare in cielo i fuochi d'artificio...
Io, Andrea, il faraone, Piero, Martina, Tosi, Jim Jarmusch e Johnny Depp in bianco e nero. Tutti con la propria canoa, tutti a testa in sù, illuminati dai bagliori dei fuochi....
Il fuoco.
Fuoco... torno al film.
La canoa di Jhonny Deep se ne va e a riva esplodono degli spari.
Muore l'indiano..
Gente sulla riva...
...noi di nuovo in kayak, al tramonto in estate.
Le sponde del Po al Valentino e la gente che beve all'imbarchino... mentre noi passiamo lenti, colpendo l'acqua con un dolce piacere e senza foga.
Che bella giornata...
Abbandono la pagaia, lascio andare la mano molle fuori dal Kayak,
la mano si immerge nell'acqua... la mano è bagnata.
La mano è bagnata... aprii gli occhi!
La mano era bagnata.
"Amanda... smettila,...cazzo".
Guardai l'ora... le sette di sera.

Andammo all'Area Caffè. Io col mio mattone in pancia.
Lì c'erano gli altri e il mio pensiero si mise alla rincorsa dei discorsi che a loro volta si inseguivano, rimbalzando da una voce all'altra... come al solito.
Si passava perennemente di palo in frasca e non si arrivava mai al dunque di nessun discorso... siamo fatti così. Ci mettiamo ogni volta dentro un turbine, raccontando di mille situazioni diverse, ubriacandoci a vicenda di parole e riuscendo spesso a perdere il filo del discorso. Ma è questo il nostro dolce piacere: il viaggiare insieme fra mille avvenimenti che diventano avventure, il sentirsi liberi sempre di dire e di dare a chiunque. Aprire i cassetti... mettere fuori tutti i pensieri, senza paura che cadano mai a terra, perchè tanto c'è sempre qualcuno pronto a raccoglierli. A quel punto la situazione diventa ciclica, si abbandonano i riferimenti e quelle fantasiose invenzioni chiamate: spazio e tempo. Sì, non riusciamo mai ad andare da nessuna parte tutti insieme, nè a realizzare i nostri progetti, neanche quelli più banali... e sì, accadeva anche quella sera che in mezzo a loro, imparavo ad allontanarmi da tutto... e in quel momento, potevo anche allontanare la situazione nera, che mi stava coinvolgendo.
Perchè di situazioni nere ne avevo già allontanate tante, in quel modo.
Se questo è il tedio, io mi ci butto con dignità da re...
Mi lasciai in pratica andare all'ascolto degli amici, al vino e al buffet dell'aperitivo.
Incominciai da Bea che raccontava della sua infanzia agonistica alla Sisport, delle sue gare di corsa, prima in velocità e poi via via verso le discipline di fondo...pensai che lei fra tutti noi era la vera sportiva mancata, l'unica con due polmoni d'acciaio, un fisico atletico, anni di arti marziali alle spalle e ancora tanta voglia di sudare per lo sport. Da poco era riuscita addirittura a convincere quella pigrona di Martina a seguirla in palestra... A quel punto mi persi nell'ascoltare Silvia (e su Silvia bisogna fare un discorso a parte, perchè se è in gran serata, ma se proprio in una di quelle serate che è... carica, potrebbe anche inchiodarmi ad ascoltarla per un'ora o due senza che nè io nè lei, riusciamo ad accorgerci del tempo che passa e senza neanche più riuscire a ricordare tutto quello che ci siamo detti. Forse mi accorgo solo ora che io e lei, siamo i primatisti italiani del... dal palo in frasca) infatti anche quella sera era partita bene: dall'accennare ad alcune storie sui Curanderos Sciamani raccontati da Castaneda, era finita a narrare interamente l'ultimo libro di Jodorowsky... passando da una storia di fantasmi, un accenno ad una crisi sentimentale di una sua amica e di un tentativo di abbordaggio da lei subito passeggiando per strada... giunto alla conclusione del romanzo di quel povero pazzo di Jodorowsky, mi sintonizzai di forza all'ascolto di Paolone per conoscere le ultime novità legate al web. "Sempre utili informations", come dice il giardiniere col floppy in mano... ma poi toccò a Pilar, che fu capace di ammutolirci tutti...
e sì perchè incominciò a raccontare di importanti novità.
Questa era una bella sorpresa.
"Cari ragazzi io e Daniele vi dobbiamo dare una notizia - ci disse mantenendo a stento il riso -. Siccome Daniele da giugno inizierò a lavorare a Parigi, abbiamo deciso di prendere le cose con pù calma. Diciamo...che abbiamo deciso di farci un regalo: il tempo. Io mi licenzio e lascio il lavoro a fine mese e Dani in quel momento avrà concluso il suo contratto. Abbiamo deciso di regalarci due mesi di libertà, senza quella cosa da pazzi, chiamata lavoro. Due mesi per stare più tempo con Diego soprattutto. E abbiamo deciso che questo tempo lo vorremo vivere a Torino.
"Io non ho viaggiato ancora il mondo abbastanza e non sono riuscita in altri posti a stringere laci più stretti... Torino non ti asfissia, ti aspetta e ti lascia andare quando vuoi, ma la ritrovi sempre. Io non ho trovato persone più aperte di mente e di animo che quelle che ho trovato qui.. belle ed eleganti dentro e fuori".
(Grazie Pilar, non ho altro modo migliore di dirtelo).
...Applausi, brindisi, abbracci e baci.
Bravi, quel gesto era la scelta più sensata che vedevo fare da anni. Il domani a Parigi, il passato nella splendida, solare e colorata Bari e due mesi indimenticabili a Torino, padroni totali del proprio tempo.
Con l'ultima buona notte ci accordammo per vederci la sera successiva, da Paolo e dalla pizza di Bea. Con poche sicurezze perchè sono stati sempre così i nostri appuntamenti...imprecisati e soggetti all'umore.
Teo si fermò a dormire da noi, invece.
E fu il ricadere inesorabile nella realtà.
Ci aspettava l'incontro in chiesa.
Ne parlammo ancora e ancora, entrando nei particolari e cercando una strategia di difesa, qualora la situazione fosse degenerata.
Ma come avrebbe agito Tosi? Dove si sarebbe seduto? Sicuramente avrebbe fatto entrare me, e poi lui si sarebbe avvicinato al mio posto.
Decidemmo che Marti sarebbe stata fuori, pronta ad avvisare la polizia e Teo sarebbero invece entrato prima di me, sedendosi in un banco in modo da tenermi nella sua visuale. Non avremmo dovuto destare sospetti. Martina avrebbe potuto anche fingere di leggere o di aspettare qualcuno e Teo di essere un po' disperato e chiuso nei suoi pensieri, magari assorto in preghiera. Non doveva farsi vedere attento a me, ma al contrario preso nei suoi problemi.
Ci aspettava ancora un'ora buona di tentativi, per annullare quell'ansia che opprimeva tutti e tre, prima di cadere nel sonno.
Ci aspettava un risveglio da incubo.
Ci aspettava il primo dei due giorni incredibili, che avrebbero cambiato per sempre la nostra vita...




domenica 9 marzo 2008

CAPITOLO PRIMO: “Godo”

La borsa ce l'ha Andrea!
Il piano è riuscito...
Non ci posso ancora credere ma è filata liscia.
Ognuno ha retto la sua parte, ogni movimento è stato corretto e alla fine...
Glielo abbiamo messo in culo.
E' andata come doveva andare insomma...
cioè qualcosina può sempre sfuggire, però... alla fine....
abbiamo vinto noi.
...Ah ...Ah, Ah!
E adesso abbiamo 8 milioni di euro.
Io me ne vado. Non l'ho ancora detto agli altri ma prendo la mia parte e vado via. Prima faccio un viaggio e poi mi compro una casa da qualche parte.
Magari in Messico... oppure alle Canarie.
Un piano geniale. Un'idea grandiosa e adesso abbiamo superato tutti la sottile linea che divide la nostra vita di prima, da quella di adesso.
Da gente per bene, da onesti cittadini a banda di ladri... il salto è più breve di quello che si può pensare!
Ne è valsa la pena però.
Altro che Ocean's eleven o twelve o tredici, quattordici... al mio piano bastavano 8 persone. Anzi 8 persone e mezza.
Noi eravamo gli insospettati, i figli della brava gente, gli amici di sempre, i dipendenti ingenui su cui si può fare sempre affidamento, i ragazzi con la voglia di divertirsi e di campare con poche lire. Oggi siamo diventati quelli che i giornali chiamano Sansalvario Connection!
Ma pensa te... proprio noi. Ci definiscono professionisti, calcolatori, con menti criminali internazionali alle spalle. Ci cercano in cinque Paesi diversi: sapessero...
Tutto ha inizio un giorno di gennaio: mi chiamano al telefono in redazione e mi propongono un incontro per realizzare un servizio davvero eccezionale. Chi mi telefona è un vecchio amico dei miei, un cinquantenne di nome Piero con un passato da rivenditore di macchine usate e un presente fatto di piccoli affari, consulenze, intermediazioni... insomma un ammanicato negli affaracci. Ci incontriamo nella pausa pranzo nei pressi del mio ufficio e si presenta con un Audi 80, un modello degli anni '90, di colore giallo e con gli interni in pelle. Faccio un sorriso mentre esce dell'auto e un piccolo complimento sull'originalità della vettura. Non ci siamo neanche salutati che prova a vendermi la macchina.
Gli rispondo che sto ancora finendo di pagare la mia Kia usata e allora lui mi propone una percentuale se riesco a trovare qualcuno interessato.
Iniziamo bene....
Ci salutiamo e entriamo a pranzare.
A quel punto mi presenta una situazione veramente impensabile.
Mi racconta di essere stato da poco in Egitto e casualmente di aver parlato con una guida di un piccolo medaglione che lui conserva in casa da una quarantina d'anni. Lui lo ha ottenuto da una fidanzata di allora, che aveva il padre dipendente di una grande società italiana di acquedotti impegnata fino agli anni '70 nella costruzione degli impianti idrici in Egitto.
Insomma, scava e scava per far passare tubature sotto il terreno degli egiziani ed ecco che finiscono in tasca una serie di oggetti, di pietre, di ciondoli con geroglifici dai disegni strani. Mi fa vedere una foto di un piccolo sassolino di forma irregolare non più grande di due falangi. Da un lato non ha disegnato nulla, dall'altro si vede un uccello stilizzato e una specie di fascina di spighe di grano: “Ho fatto vedere questa foto là in Egitto e mi hanno detto che si tratta del frammento di un ciondolo, i simboli sono quelli del regno di un Faraone vissuto circa due mila anni prima di Cristo. Si chiama Semiro. Mi hanno anche detto che non sono il primo ad avere un oggetto del genere, perché gli Italiani che sono andati a lavorare lì nel dopoguerra sono stati molti e in tanti sono ritornati a casa con le tasche piene. Vorrei sapere quanto può valere”.
“Possiamo scrivere un articolo – gli rispondo io – e così abbiamo l'opportunità di incontrare ufficialmente uno studioso, magari un responsabile del museo egizio o qualche professore dell'Università. Lui ci dirà sicuramente che cos'è prima di tutto e poi se ha veramente un grande valore e se è appartenuto al faraone Semiro, potrebbe indicarti chi è disposto ad acquistarlo”.
In quel momento, anche se una situazione del genere non mi era mai capitata prima, volevo solo finire quell'incontro e ritornare alla mia giornata di fatica da portare a termine.
“E se provassimo a venderlo ad uno dei maghi, di quelli che si vedono in tv – mi risponde lui - .. sai tipo Solange o Othelma. Quelli che danno ai vip della televisione degli amuleti portafortuna. Tu hai i loro riferimenti. Chiaramente per te c'è una bella percentuale”.
Fra me e me pensavo: mi sembra assurdo. Non so neanche se è originale e questo qua mi vuole far entrare in una cosa che potrebbe essere una truffa.
Mi vedevo già inseguito da Striscia La Notizia.
“Tutto quello che posso fare - gli risposi - è accompagnarti da qualcuno che abbia la competenza per dirci se è autentico o no. Posso chiedere un incontro, con la scusa che ho bisogno di informazioni per valutare se la notizia è pubblicabile oppure no. Cosa ne pensi?”
“Ma tu non hai qualche riferimento, tipo di Simona Ventura o di qualche giocatore. Sai quella è gente disposta ad offrire un fracco di soldi”.
La sua insistenza mi dava già sui nervi ma in quel caso con pacatezza non indietreggiai di un passo.
“Se vuoi intraprendere questa strada dovrai farlo da solo, io non ti posso aiutare. Se invece decidi di sapere cosa può valere, io ti posso dare una mano”.
“Allora così sia”
Bevemmo il caffè e lui pagò il conto. Avevo un piccolo disgusto per quello che avevo appena sentito dire e ne raccontai il fatto in modo divertito anche ai miei.
Un qualcosa dentro me però si accese, non le sue strampalate idee di vendere il ciondolo in maniera disonesta, ma la possibilità di inventare qualcosa... forse. Sicuramente volevo trovare l'interlocutore e vedere se tutta questa storia era una sciocchezza oppure no. Intanto avevo la possibilità di mettere per iscritto una storia rara, un po' misteriosa e che avrebbe fatto gola anche ai miei colleghi sciacalli dei quotidiani importanti.
Il giorno dopo richiamai Piero e gli chiesi ancora se era convinto di volermi far scrivere l'articolo e se mi autorizzava a procedere cercando il nostro interlocutore. Mi rispose di sì. Aspettai che passasse la giornata, che prima i miei colleghi e poi i miei titolari se ne andassero dall'ufficio.
Alle 18,30 uscì anche l'ultimo il solito grafico lento come una quaresima, o come si dice da noi, come una giornata senza pane.
Avevo 45 minuti di tempo prima che arrivassero gli addetti alle pulizie.
Avevo già il numero con me del museo Egizio e conoscevo anche l'addetto all'ufficio stampa, ma prima andai a cercare il nome del faraone Semiro su Wikipedia. Esisteva veramente ed era vissuto circa due mila anni prima di Cristo. Bene, pensai, almeno non mi facevo una figura di merda colossale.
Telefonai.... “Buongiorno... anzi buonasera, sono un giornalista della rivista Gate, vorrei parlare con l'ufficio stampa: Barbara Desiderio”.
“Provo a vedere se è ancora in ufficio – mi risposero dal centralino - ...rimanga in linea”.
Parte una musica classica, è Vivaldi.
“Pronto sono Barbara Desiderio con chi parlo?”
“Sono Roberto Pelleriti, caporedattore della rivista Gate”
“Buona sera è un po' che non ci sentiamo, ha ricevuti i nostri comunicati?”
“Sì, ma non è per questa ragione che la chiamo. Anzi le chiedo scusa per l'ora. Avrei una notizia importante riguardo certi ritrovamenti e avrei bisogno di parlarne con un vostro consulente. Se non sbaglio collabora con voi il professor Tosi? Lo avevo incontrato per l'inaugurazione della nuova esposizione”
“Sì è ancora qui ma in questi giorni non c'è perché è stato invitato per una importante mostra a Chicago. Lo troverà la prossima settimana, dovrebbe tornare in ufficio lunedì mattina. Vuole il suo cellulare?”
“Sì grazie, ma visto che devo aspettare mi potrebbe lasciare anche il suo indirizzo mail, così magari guadagno un po' di tempo e fisso già un appuntamento”
“Si certo, anzi visto che oggi abbiamo fatto 30, facciamo anche 31. Le mando subito una mail con i riferimenti di Tosi tanto il suo indirizzo l'ho già... è quello a cui mando sempre i comunicati. A tal proposito il prossimo mese organizziamo una serata evento in cui il museo rimarrà aperto fino alle undici in occasione della mostra i d...”
“Mi mandi tutto così le prometto che sul prossimo numero mettiamo almeno una breve nella pagina degli appuntamenti. Mi richiami, se vuole, fra quindici giorni che saremo in chiusura.”
“Va bene grazie, allora le mando i riferimenti... buona sera”.
“Buona sera”.
Mi attaccai nervosamente al mouse cliccando continuamente sul tasto invia/ricevi della mia posta. Niente, poi ancora niente, niente alla terza, quarta, quinta volta. Alla ventesima circa appare la scritta scarico 1 di 1. Finalmente!
Ci mette un casino di tempo però... che cazzo è andata ad allegare sta qua... Ecco finalmente la mail: cinque foto sull'evento, la cartella stampa, due testi con vita, morte e miracoli del direttore e due righe con i riferimenti del Prof. Adelmo Tosi.
Vaffanculo, ci voleva tanto!
Mando in stampa.
Faccio in tempo a raccogliere il foglio, dalla stampante e sento aprire la porta dell'ufficio:
“Mi scusi non sapevo che ci fosse ancora qualcuno...”
“Non si preoccupi signora, spengo tutto e vado via, se no a casa mi danno per disperso”.
Presi le mie cose e me ne andai a casa. Il giorno dopo scrissi la mail durante la pausa pranzo e con la firma misi anche il numero di cellulare. Forse nella speranza di fare in fretta, perché dentro me qualcosa mi diceva che poteva diventare una situazione lunga e impegnativa e che mi avrebbe portato, come al solito, un fracco di perdita di tempo.
Decisi però di rimanere sul vago, e di passare un po' per chi non se ne intende, cercando dal professore solo un piccolo incontro per avere un parere diretto e professionale su quello che sarei andato a scrivere.
Insomma gli raccontai qualche balla: ...che l'oggetto era in mano ad un signore che lo aveva trovato fra gli scatoloni della cantina, che gli avevano parlato di un faraone di cui non sapevamo bene il nome ma che si doveva chiamare tipo Samaron, Simirion.. ecc.
Qualcosa di sorprendente accadde.
Erano le due meno dieci a Torino, neanche le otto del mattino in Illinois. E ricevetti già una mail dal Professor Tosi.
Diceva così: “Gentile Pelleriti, certi oggetti appartenuti alle classi nobili dell'antico Egitto, sono entrati in Italia negli ultimi 40 anni in maniera alquanto misteriosa. Non ne nego la validità e l'autenticità a priori, proprio per questa ragione dunque; ma questi oggetti, se davvero fossero tali, avrebbero un valore immenso e potrebbero aprire anche una situazione di crisi internazionale. Tanto più che negli ultimi anni si è adottata una politica atta a restituire gli oggetti al proprio paese di appartenenza, attraverso la mediazione degli organi museali. In questi giorni stiamo lavorando alacremente per organizzare un importante evento che avverrà presso il museo torinese nel prossimo mese, il 29 febbraio. Mi rendo disponibile per un incontro al mio rientro in Italia che non avverrà prima della prossima settimana. La contatterò io al numero di cellulare che ha lasciato in coda alla mail. La ringrazio di avermi scelto come referente per il suo servizio e la inviterei, visto la delicatezza della situazione, a difendere la segretezza del fatto”.
Qualcosa mi suonava strano, ma lì per lì la presi come un atto zelante di un uomo di scienza. Perché solitamente, ogni volta che devo contattare qualcuno che ha un lavoro così impegnativo, mi è sempre difficile ottenere un incontro al primo tentativo. Soprattutto quando si parla di un articolo da scrivere e che non porta all'altro nulla di significativo. O meglio che non fa all'altro pubblicità. Diverso è il discorso se si tratta di artisti, anche di primo piano, che si rendono sempre disponibili in occasione dell'uscita di un loro film, di un disco o di un libro. Le marchette che guidano l'informazione, è proprio così, ha ragione Piero Chiambretti.
Lasciai perdere il discorso e non ci pensai quasi più, per il resto della settimana. Il martedì successivo venni chiamato al cellulare.
"Signor Pelleriti, sono Tosi del Museo egizio"
"Buongiorno... e ben tornato. La ringrazio di avermi chiamato immediatamente".
"No ringrazio io lei per avermi contattato. Mi dica quindi"
"Le chiederei di fissare un incontro, io mi preoccupo di contattare il proprietario e di accompagnarlo da lei con l'oggetto in questione. A quel punto vorremo sapere un suo parere sull'originalità e un po' di storia a riguardo... sempre che sia un originale. Io fino ad oggi l'ho visto solo in foto. Nel caso fosse un falso, le porgo già da adesso le scuse per il disturbo, ma deve capire che riportare un parere quanto più tecnico e professionale, fa parte del protocollo della nostra professione. Soprattutto in una situazione del genere, dove bisogna dimostrare il concreto tentativo di scrivere la verità".
"Capisco, capisco... comunque preferirei che, almeno per ora, l'incontro venga effettuato in riservatezza e anonimato, poi decideremo dopo aver visto l'oggetto".
"Sì, sì, anche per me è meglio non far sapere nulla... anche per non bruciare la notizia. Quando potremmo incontrarci quindi?"
"Facciamo... venerdì. Alle sette di sera può andar bene?"
"Per me sì, chiederò anche al proprietario. Se mi lascia il suo numero la richiamerò domani per conferma"
"Perfetto, se mi chiama prima delle 18, mi trova in ufficio... al numero del museo, chiaramente".
"Farò così, buona sera"
"Buona sera, buona sera".
Ancora quel dubbio sottile, quel gusto stonato. C'era qualcosa che non andava, non tanto nelle sue parole, quanto nelle intenzioni. Prima risponde celermente alla mia mail, poi mi chiama appena tornato e quello che non andava adesso è questa richiesta di segretezza espressa ancora prima che lo facessi io. Per me significa tutelare la freschezza di una notizia e la possibilità di evitare una bella figura di merda... ma per lui... io fossi in lui vivrei questa situazione, quasi come un fastidio inutile in una vita fatta sicuramente di impegni più importanti, di quintali di lavoro e di scadenze ravvicinate.
Sarà zelante, pensai ancora una volta...
Telefonai dopo poco a Piero, lui mi diede subito la sua disponibilità per l'incontro e così il venerdì, dopo un'altra settimana di nausea lavorativa, mi incontrai con l'amico faccendiere con l'Audi gialla, per andare al museo Egizio. Lo incontrai al caffè Lumiere, mentre affogavo i pensieri di una vita diversa gustandomi un croissant alla mela e un marocchino caldo.
"Allora siamo in ritardo" mi disse
"No, ci servono dieci minuti per andare fino a là. Tanto andiamo a piedi"
"Senti Roberto - mi dice lui - non sarebbe stato meglio contattare qualche personaggio famoso, tipo che ne so... Simona Ventura. Sai questa gente se viene a sapere che è un portafortuna antico è capace di pagare centinaia di milioni".
Aridaglie, pensai... il venditore per mestiere diventa un malato di mente. Sarebbe capace di vendere anche un foglio di carta stracciato dicendo che è un documento appartenuto a Napoleone.
"Per ora ci serve sapere se è autentico, se no non possiamo scrivere niente. A quel punto se qualcuno chiama in redazione, ti faccio sapere. E poi, dovesse capitare, non voglio nulla. Prendilo come un favore da amico".
"Ma stai scherzando - mi rispose quasi infastidito, come se parlasse con un alieno che veniva da un altro mondo - per te c'è il 20%. E' che mi preoccupano questi dei musei, mettono in mezzo le leggi, alla fine non ti danno nulla... e se tu non accetti di consegnare il pezzo ti denunciano".
"E tu gli dici che non trovi più il pezzo, che lo hanno rubato e intanto da sta sera lo nascondi in qualche posto sicuro".
Non so come mi venne, però era una bella furbata e in più partorita in un decimo di secondo. In verità non vedevo l'ora di finire sto incontro, tornare a casa e iniziare a godermi il week end.
"Comunque ti sei ricordato di portare la pietra, il ciondolo o quello che è ?"
"Sì è qui in tasca" mi disse.
"Allora andiamo".
Pagò anche questa volta il conto, salutammo il proprietario che ci sorrise sotto i baffi, visibilmente stonato dalla lunga giornata a cui mancava ancora qualche fatica, per volgere al termine. Arrivati al Museo fummo accompagnati al secondo piano. Il Professor Adelmo Tosi, non ci fece aspettare per troppo tempo.
"Benvenuti"
"Buona sera professore, io chiaramente sono il giornalista e lui è il signor Piero Maianelli".
"Buonasera, ditemi quindi..."
Piero non dice una parola e prende una scatolina per gioielli, la apre e dal cotone tira fuori una pietra bruna e piatta dalla forma ovale, non più lunga di tre centimetri.
"Pensi è stata in uno scatolone nella cantina di uno zio, chissà per quanti anni, o secoli..."
Quante balle che sapeva tirare fuori e come le sapeva dire, in una maniera indubitabile.Il professore si infilò dei guanti in lattice e mise all'occhio un monocolo con una forte lente di ingrandimento. Non disse nulla, poi si spostò sotto la luce e guardò ancora meglio, quindi aprì un cassetto da cui tirò fuori un block notes, si sedette e iniziò a scriver qualcosa.
"Potrò scrivere anch'io qualcosa professore..?" Gli dissi con una battuta che ben faceva capire quanto mi importasse veramente di quell'avanzo minuscolo di storia. Per me significava ancora un buon pretesto per costruire tre o quattro paginette, scritte bene e curiose che avrebbero portato non più di qualche telefonata curiosa e qualche mail interessata. Magari mi avrebbero chiamato da La Stampa o da La Repubblica per saperne di più, ancora più probabilmente avrebbero contattato direttamente Piero.
"Sì è originale"
Piero si accese e si mise con la schiena dritta.
"E' una moneta del faraone, come quelle che venivano inserite nel sarcofago con la salma del re, per pagare il pegno ad Anubi. Non riesco a confermare ancora l'esatta appartenenza ma posso dire che si tratta di migliaia di anni prima di Cristo".
"Quanto può valere?" chiese Piero senza un minimo di pazienza. Il professore appoggiò il monocolo e guardò negli occhi Piero, poi guardò curioso anche in mezzo alle mie pupille.
"Se viene denunciato non vale nulla - esordì il professore, gelando il sangue del mio compagno in un istante -. Le leggi sono chiare, appartiene all'Egitto e là deve tornare. Sicuramente verrebbe portato direttamente al museo nazionale de Il Cairo. Però, per fare in modo che non sparisca sta sera, o che non mi veniate a dire, tra qualche giorno, che vi è stato rubato, possiamo trovare un mediatore, che lo acquisti a voi e che lo faccia poi rinvenire in qualche luogo. Questi oggetti non hanno solo un valore economico e storico. Hanno anche un valore politico. Non so se mi potete comprendere"
Mi sentii un imbecille, il più grande pensiero furbo che potessi concepire su questa faccenda era stato mortificato in una manciata di secondi. Però adesso si concretizzava l'idea di fare qualche soldo.
"E quanto sarebbe disposto a mediare il mediatore?" Disse ancora Piero in piena trans da trattazione.
Il professore prima esitò un istante e poi: "Vi dirò con certezza fra qualche giorno... diciamo che si tratta di una cifra simbolica... 5 mila euro".
"Troppo simbolica, almeno dieci mila" rispose tempestivamente Piero, secondo il suo protocollo professionale.
"Signor Maianelli, qui non stiamo vendendo una macchina... il prezzo lo decidiamo noi e poi non ha pensato che se entrassero in questo momento degli ufficiali della Guardia di Finanza che io avrei potuto anche contattare, facendoli attendere in un'altra stanza, non ci sarebbero questioni monetarie di cui parlare"
Mi mancò il fiato per un attimo, ero visibilmente irrigidito poi pensai ...o mille o al massimo due mila euro per me. Beh meglio di un calcio in culo. Mi sa che non ho perso tempo...
"E niente articoli - disse girandosi verso di me - almeno fino a quando non avremmo concordato il passaggio dell'oggetto. In quel caso, se sarà lesto, sarà il primo"
Rimangio l'ultimo pensiero, un po' di tempo, in questo caso l'ho perso e sono pure trattato un po' da zerbino.
"La chiamo fra qualche giorno signor Pelleriti - concluse Tosi - per ora io e lei signor Maianelli non ci siamo mai conosciuti e lei non è mai stato qui. Invece signor Pelleriti lei ha un cellulare aziendale e la mia telefonata di qualche giorno fa, sarebbe facilmente rintracciata. Dovrà dire che è venuto qui per parlare dell'evento del 29 febbraio, quello in cui si incontreranno a Torino i direttori dei cinque musei più importanti del mondo dedicati all'antico Egitto: Il Cairo, Londra, Chicago, Tokyo e Torino appunto".
"Va bene - risposi come un bambino delle elementari, messo al suo posto dalla maestrina - aspetto una sua chiamata"
Ci allontanammo dal Museo Egizio e ritornammo verso San Salvario. Mangiammo da Sakura e Piero rimpiangeva il fatto di non aver contattato qualche personaggio famoso
"... che ne so un calciatore, oppure una valletta, penso ad esempio a Simona Ventura"
Se lo diceva ancora una volta lo infilzavo con le bacchette.
"Comunque è una cifra accettabile - concluse -...e tu ti prendi il 10%, come avevamo deciso"
Sto pezzo di m..
"Non avevi parlato del 20%?"
"E tu non avevi detto che doveva essere un favore da amico? Con gli affari ci sai fare poco Roby meglio che continui a scrivere".
La mattina seguente mi svegliai con un pensiero pressante. Avevo dimenticato di mandare una mail con la richiesta di intervista ad uno dei personaggini imposti dall'editore.
Mi alzai e scaricai la posta...
A quel punto cambiò tutto.
Non tutti gli errori vengono per nuocere ...anzi.
Tosi ha sbagliato, ha inoltrato una mail a me invece di scriverla al giusto destinatario: tale signor Toseland, di Boston. Poi me ne arriva un'altra, identica alla prima indirizzata al prof Takanashi a Tokyo. Parla della pietra di Piero, la chiama la moneta di Samiro. Dice che è disposto ad accettare un'offerta e fa sapere all'uomo di Boston che Takanashi ha già offerto... 4 milioni di euro. A Takanashi fa sapere ugualmente che Toseland da Boston è disposto da subito ad offrire la stessa cifra. Alla faccia del zelante... sto furbone.
Chiaramente precisava che l'oggetto era custodito da altre persone di cui non conosceva né residenza, né nome e che non sarebbe entrato in suo possesso fino al 29 febbraio.
Che stava pensando di fare? Forse di tutelarsi da possibili aggressioni, agguati o furti? Non lo so. Rimasi stupito come non mai e decisi di non parlarne a Piero. Non credevo a quello che vedevo scritto, lo rilessi ancora una volta e feci una mezza risata.
Tornai a casa e presi i cani, con Martina passeggiammo fino al Valentino percorrendo via Galliari, fermandoci ai banchi del mercato di piazza Madama Cristina. Poi arrivati sul prato iniziammo a tirare la solita pallina ad Amanda e Lulù.
Iniziai a raccontarle la storia, senza darci troppo peso.
All'improvvisò le suonò il cellulare, interrompendo il racconto che era quasi arrivato al punto più bello, continuai quindi con il sorriso sospeso a lanciare e raccogliere la pallina, in perfetto silenzio.
Poi come un tuono... un pensiero che mi serra le labbra.
Le mani continuano a raccogliere e lanciare in modalità automatica...
il pensiero va avanti... e avanti... senza fermarsi più.
Martina chiude la chiamata con un: ciao a più tardi e torna da me, mette il cellulare in tasca e mi chiede "Quindi...?"
La guardo in faccia... un po' sbiancato...
"Mi serve una banda".