lunedì 7 aprile 2008

CAPITOLO QUINTO: Isolato

"Pronto... signor Pelleriti?.... Sono Tosi"
"Buongiorno Tosi... mi dica"

"La sento serena. L'ultima volta l'avevo lasciata con un aria un po' atterrita... e invece oggi la ritrovo... energica".
"Sì è vero! E' che ho riflettuto meglio. E..."
"E' che la cifra è interessante, vero? Che cosa intende fare con 150 mila euro?"
"Sto pensando ad un viaggio... oppure ad aprire una trattoria in riva ad un lago..."
"Bah... il lago. E a chi parla alla sera? Al lago? No, no... una persona come me... con una curiosità così eccellente... deve continuare a vivere in città. Al lago mi sentirei morire. Ma se lei sta bene lì..."
"Sì a me piace, per molte cose è come vivere al mare... solo che non ci sono né le onde, né i ricci. Ma perché le interessa così tanto?"
"Chi lo sa? Magari un giorno verrò a cenare in riva ad un lago... senta... è sempre al sicuro la pietra... vero?"
"Sì è al sicuro. Anzi... aspettavamo già da qualche giorno sue notizie... quindi?"
"Quindi le cose sono andate a finire bene, e come le avevo già preannunciato faremo lo scambio il 29. Il giorno dell'inaugurazione e dell'arrivo dei cinque direttori".
"Perciò, cosa dovrei fare?"
"Dovrà andare all'aeroporto e attendere alle 11.50 del mattino, l'arrivo del volo da Bari. E da lì che arriva il nostro contatto".
"E come lo riconoscerò?"
"Sarà lui a riconoscerla, non si preoccupi. Poi dall'aeroporto lo porterà in qualche posto a pranzare e poi, come abbiamo già detto, lo accompagnerà in giro per la città... alle 18 è previsto l'inizio della conferenza stampa. Per quel tempo si sarà già compiuto tutto. Lei non dovrà far saper nulla al signor Piero, che riceverà la sua parte al momento opportuno. Diciamo non più di una settimana più tardi. Sarà lo stesso giorno in cui... salderemo anche i nostri conti."
"Ho recepito tutto, non sembra essere complicato il compito".
"No, non lo è... penso che non le capiterà mai più di guadagnare così tanti soldi in un solo giorno. Sa, penso che sia stato baciato dalla fortuna... in un certo senso. Le voglio far sapere che se tutto andrà liscio, potremmo anche pensare di lavorare insieme anche in seguito. L'organizzazione ha bisogno di personale sulla piazza di Torino".
"Vedremo... o questo, oppure la locanda sul lago... una scelta difficile"
"Vedo che è anche di buon umore... comunque passi da me mercoledì o giovedì, che le devo consegnare la piccola precauzione di cui le avevo parlato".
Un secchio di acqua gelata... era già ora, partiva il conto alla rovescia. Fino a quel punto avevo rimosso il pensiero del trasmettitore. Però così doveva andare... si entrava quasi in scena e prima del fatidico giorno, avrei dovuto attraversare un po' di deserto.

"Per me andrebbe meglio giovedì, magari nel pomeriggio. Oppure venerdì?"
Cercavo di guadagnare più tempo possibile, all'improvviso mi sembrava che non avrei avuto il tempo di fare tutto. Ma questo pensiero era come una coperta corta, perché se guadagnavo io alcune ore, le avrebbe poi perse Paolo, che avrebbe avuto sempre meno tempo per poter studiare il dispositivo. Ma lui su questo argomento tendeva a tranquillizzarmi, dicendomi che aveva già in mente diverse soluzioni.
"No, venerdì non sarò in città...facciamo giovedì... alle 17".
"Va bene... ci vedremo giovedì, nel suo ufficio".
Telefonai per prima a Martina, che non sarebbe tornata prima di martedì dalla sua amata Sardegna, e poi incontrai gli altri. Con Paolo era già tutto accordato, ci saremmo visti giovedì sera all'Ambrosio, allo spettacolo delle 20.30. Con Teo e Andrea ci accordammo per il modo di rimanere in contatto, visto che l'ultima parte del piano, quella che li riguardava, si sarebbe determinata solo dopo che Paolo avrebbe scoperto il modo migliore per disattivare il rilevatore. MI accordai con Pilar che era la persona che per più tempo sarebbe stata esposta a rischi. La sua parte da recitare sarebbe durata ore, ma tutti confidavamo sul suo grande talento d'attrice. Insomma o ci riusciva lei o nessuno di noi se la sarebbe sentita e il piano non si sarebbe mai fatto. Le consegnai un nuovo telefonino cellulare, consigliatomi da Paolo, e comprato nei giorni precedenti su e-bay. In questo modo sarebbe stata insospettabile e avrebbe anche potuto girare, come a noi sarebbe servito, alcune riprese di buona qualità, in modo semplice. E inoltre lei era quella di noi che avrebbe dovuto compiere il viaggio.
Con Silvia chiarimmo che avrebbe dovuto trovare, in ogni modo, la maniera più sicura per garantire che il nostro "cliente" al momento decisivo, non si fosse accorto di nulla. E per essere sicuri di questo, lei avrebbe dovuto studiare un sistema per fare in modo che guardasse da un'altra parte.
Meticolosamente Bea aveva portato avanti il lavoro di allestimento della nostra "stanza delle trappole" e intanto, ogni sera, indossava tuta e scarpe da ginnastica e usciva dal portone attivando il proprio cronometro da polso, come usa fare ogni persona che si dedica al Jogging.
Quando venne il martedì i particolari da sistemare erano rimasti molto pochi. Martina aveva trovato alcuni camici bianchi e aveva raccolto una scatolone di creme, provette, oli e fragranze. Aveva trovato anche alcuni oggetti d'arredo: vasi, ciotole che aveva riempito con candele e due orchidee e una decina di porta incenso. La stanza era pronta, la postazione del basista, ossia di Paolo, era al piano superiore e di lì lui, oltre che a seguire la regia dei giochi, aveva trovato anche il tempo di collegare le casse del piano inferiore al suo computer, scegliendo personalmente la play list che avrebbe composto la colonna sonora del nostro "colpo perfetto".
Mancava ancora una cosa: non avevamo trovato una sedia o un lettino che potessero fare al caso nostro, e arrivati a quel punto il tempo iniziava davvero a stringere.
Quando per puro caso sentii accennare da qualcuno, come al solito, un parere non tanto carino sull'aroma raro del caffè di Silvia, mi venne l'illuminazione: da poco mi aveva fatto notare di aver comprato un nuovo mobile da cucina da Ikea. Era un piano un po' alto, ma robusto e aveva dei ripiani sotto quello da appoggio in cui avremmo potuto inserire degli asciugamani o cos'altro. Pensavo che con un rivestimento sarebbe stato perfetto.
"Tu sei un pazzo" mi disse Martina
"Sono perfettamente d'accordo con lei - aggiunse Silvia - e poi se si rompe me lo ripaghi, perché è nuovo. Non si può fare con qualcosa d'altro..."
"Ma non è solo quello - aggiunse ancora Martina -, perché sembra molto resistente e potrebbe forse reggere, ma è impossibile renderlo comodo come un lettino o come una chaise longue. Chiunque si rende conto, se si sdraia su un tavolo o su un letto..."
"Ditemi voi allora come fare?"
...due ore dopo, nonostante fosse già calato il buio, cinque persone, tre uomini e due donne, passarono davanti all'entrata della Sinagoga con una console da cucina, della linea "Norden" di Ikea... i carabinieri non dissero nulla. I cinque arrivarono fino all'incrocio con via Goito e lì girarono a sinistra.
A quel punto avevamo poco tempo per renderlo un lettino; utilizzammo della gommapiuma che fissammo e legammo con della corda e poi, foderammo tutto con un vecchio lenzuolo, fissato con della colla a caldo. Dopo due ore di lavoro, ben più in là della mezzanotte, finimmo di costruire il nostro prototipo. Il risultato: un mobile da cucina con un rigonfiamento in cima.
"Sarà credibile?" chiesi... ma nessuno mi rispose. Silvia intanto aveva la testa fra le mani.
"Speriamo che non pesi 130 chili il tipo" mi disse sorridendo Paolo.
"Per ora lasciamo così e andiamo a dormire, se ci viene in mente qualcosa di meglio lo faremo, o meglio lo farete voi - dissi -, intanto ci vediamo giovedì Paolone, ok?"
"Ok a giovedì sera. Dovrebbe essere tutto a posto per ora. Da quando avrai il dispositivo inizierà, l'ultima fase"
Eravamo oramai tutti dentro questo funambolico e pirotecnico progetto. Ci mancava il gran finale, ma non passarono molti giorni perché il mosaico diventasse completo...

Nell'ufficio di Tosi la luce era bassa, erano quasi le diciotto e io aspettavo nel corridoio facendo quello che si dice in gergo "anticamera". Dalla porta a vetro filtrava solo un po' di luce gialla, sembrava quasi che Tosi stesse leggendo all'interno, al lume di un abatjour.
Suonò il telefono della segretaria, lei rispose con un veloce sì e girò lo sguardo verso di me. Mise giù la cornetta e ricominciando a scrivere, senza neanche guardarmi disse "Ora può entrare, il signor Tosi l'attende".
"Buona sera... si segga" mi disse Tosi, volgendomi le spalle e continuando ancora a guardare dentro il monitor del proprio computer per qualche secondo.
Poi si girò e mi guardò in viso... io tendenzialmente abbassavo lo sguardo.
Lui sorrise..."E allora ci siamo quasi... è teso?"
"No dottor Tosi, non è un compito così difficile. Ho già chiesto il permesso per il 29 e ho informato il signor Piero del giorno dello scambio e che entro una settimana sarebbe arrivata anche la sua parte. Devo sapere altro?"
"No, solo che ad un certo punto lei dovrà prendere in consegna la borsa e quel momento, come le avevo già detto, lo deciderà il nostro contatto. E adesso è arrivato il momento di prendere il trasmettitore".
L'apparecchio era di forma triangolare, non più grande di quattro centimetri. Con un led lampeggiante sul lato superiore. Lo presi e lo misi in tasca.
"Mi dica chi è il nostro contatto e come lo riconoscerò. Oppure come riconoscerà lui me?"
"Non è molto acuto. Diciamo che anche se lei lo andrà a prendere... sarà il contatto che verrà da lei.."
Già, mi aveva appena dato il trasmettitore, quindi al contatto bastava rilevarmi con un palmare probabilmente, o con un computer portatile. Esattamente come aveva sostenuto fin dal primo minuto Paolo. "Però... - mi disse - le anticipo che è uno straniero... e che proviene da oriente".
Tosi non ricordava precisamente cosa era scritto nelle mail che aveva maldestramente inviato a me. La mia scelta era ristretta: o americani o giapponesi. E se venivano da oriente... erano sicuramente giapponesi. Certo in quei giorni che erano appena trascorsi, potevano essere intervenuti altri collezionisti, magari arabi, o indiani, oppure cinesi o più semplicemente russi...
"Avrò bisogno di un traduttore?" Chiesi ancora.
"No, parla benissimo l'italiano, perché ha vissuto per molti anni a Bari. Cosa pensa, che non ci avremmo pensato noi nel caso? Ora vada Pelleriti, ci rivedremo il 29 alle 18. E lei quando mi porterà una valigia... potrà considerarsi ricco".
Lasciai quell'ufficio con questo piccolo apparecchio che pesava come un macigno. Andai a prendere un aperitivo da solo, iniziando un attività che mi avrebbe accompagnato nei giorni a seguire, cioè aspettavo che passasse il tempo. Alle otto e venti ero già fuori dal cinema. Spensi il cellulare. Arrivò Martina e ci salutammo mantenendo un po' di distacco. Poi arrivarono anche Paolo e Bea, ma facemmo finta di non conoscerci.
Entrammo e ci sedemmo a distanza, poco prima che iniziasse il film mi alzai e raggiunsi il bagno. Paolo mi seguì. Nel bagno non c'era nessuno. Gli feci vedere l'apparecchio.
"Perfetto, cioè non l'ho mai visto, ma la marca è famosa. Gli faccio due foto col cellulare e domani sera ti faccio sapere già qualcosa".
Ci gustammo finalmente il film. Da quella sera tornai a dormire nella mia vecchia abitazione, malinconicamente salutavo Martina e la lasciavo ai suoi mille lavori che la attendevano ancora in quella settimana. Era un momento difficile, al 29 mancavano ancora otto giorni e io dovevo tagliare già i contatti con gli altri. Il mondo diventava ovattato. Speravo che a loro tutto procedesse nella giusta maniera. Io di giorno continuavo la mia vita come se niente fosse e ogni sera... entravo in contatto con loro.
Teo, che aveva da anni un doppione delle chiavi, ogni sera entrava nel palazzo di Barriera di Milano e lasciava un floppy nella buca delle lettere. Io alle dieci in punto scendevo e raccoglievo il file in cui mi veniva comunicato il resoconto dei preparativi. Poi la mattina, già prima delle otto, Teo ritornava e ritirava lo stesso floppy. Nella prima lettera Paolo mi raccontò di essere riuscito a comprare su e-bay dieci coppie dei trasmettitori, identici al mio. A coppie perché è un modello di rilevatore che prevede un gemello, un opposto. Insomma se il mio rilevatore era il maschio, quello dentro la valigia sarebbe stata la femmina. Era stato inventato in questo modo, proprio per permettere da una sola postazione (un computer o un palmare) di controllare, nello stesso istante, la posizione di due oggetti. Era comunque un congegno comune, fabbricato in Thailandia. Paolo mi scriveva che doveva capire se il mio era il "maschio" o la "femmina" della coppia, perciò mi disse che mi sarei dovuto nuovamente riavvicinare a lui, in modo tale che rilevando il segnale lo avrebbe identificato. Gli risposi proponendogli un modo semplice e senza la necessità di un incontro diretto.
Il giorno seguente mi recai nuovamente in San Salvario ma questa volta mi infilai nell'atrio dell'associazione scacchistica torinese, chiedendo minuziose informazioni sull'inizio dei corsi base, sull'attività agonistica, sui premi dei tornei. Rimasi nell'entrata per almeno quaranta minuti. A Paolo, intanto, seduto all'interno della sua macchina, parcheggiata lì fuori e con il suo portatile aperto sulle ginocchia, bastarono pochi secondi. Il mio segnale era quello A, il maschio, nella borsa c'era allora la femmina.
Gli servirono due giorni per dirmi quello che aspettavamo tutti da tempo. L'ultima risposta.
"Dopo martellate, lanci contro il muro, tentativi di bruciarlo o smantellarlo - mi scriveva - ho trovato la soluzione più veloce e meno faticosa per annullare il segnale del ripetitore. Ho buttato una delle copie che ho acquistato nello scarico del cesso... e il segnale è scomparso in quattro secondi. Poi ne ho buttato un altro in una bacinella, e poi uno in una vasca e un ultimo in un bicchiere. Il risultato è stato semplice: il segnale è sempre scomparso dai 2 ai 5 secondi al massimo... nell'acqua. Mi rimangono alcune femmine e sto verificando se quella mia idea di rigirare questa situazione a nostro favore, sia effettivamente fattibile..."
Interruppi la lettura del file inserito nel floppy, portato a destinazione dal giardiniere quella sera stessa. Ecco l'ultimo pezzo... l'acqua che fin dall'inizio "bagnava" il nascere di questo sogno delirante. Serviva l'acqua e una via di fuga e uno capace di prendere quella via di fuga... e soprattutto un modo per non far rischiare gli altri.
Il finale era quindi, un film già visto...