martedì 18 marzo 2008

CAPITOLO TERZO: Il primo dei due giorni incredibili, che hanno cambiato per sempre la nostra vita.

nota dell'autore: avevo voglia di andare avanti e questa settimana regalo un doppio capitolo!

Il risveglio fu da incubo. Avevo il collo bloccato, la pancia che mi faceva male, la gola asciutta. O era la tensione, o l'aperitivo all'Area caffé mi aveva fatto male.... da Silvia non lo avevo preso il caffé, alla fine.
Agimmo come avevamo deciso e non partimmo tutti insieme; uscirono di casa prima loro due, io aspettai tre minuti esatti di orologio, poi mi incamminai. Il mio cervello si agitava all'impazzata, tutto quello che potevo fare lo facevo: mettevo un piede davanti all'altro e tenevo la testa bassa.
Alzai lo sguardo solo quando mi trovai all'entrata della chiesa. Martina a cavalcioni della panchina, con una rivista aperta e il cellulare in mano, mi vide con la coda dell'occhio e poi girò lo sguardo da un'altra parte. Appena dentro, guardai fra i presenti e provai ad intravedere la figura di Tosi. Non mi sembrava di vederlo.
Vidi però Teo seduto in un banco sulla sinistra, fra gli ultimi al fondo della chiesa. Io quindi andai a destra e mi posizionai qualche fila davanti a lui, al limite del corridoio centrale. Lui potevano vedermi e Tosi si sarebbe dovuto sedere per forza alla mia destra, così io mi tenevo la corsia principale, alla mia sinistra, come via di fuga. Questa era la mia piccola e inutile mossa.
Tosi entrò in chiesa cinque minuti più tardi e si venne a sedere alla mia destra, come da me premeditato. Ma non aveva alcuna intenzione di farmi fuori, anzi mi salutò e mi strinse la mano con simpatia e un po' di imbarazzo.
"Immagino che sappia il perché di questo incontro urgente. Avrà letto le mail che le ho inviato per sbaglio?".
Io annuii solamente.
"Sa, si tratta di un affare molto grosso e ci sono pochi ma importanti collezionisti al mondo, veramente disposti a sborsare delle grosse cifre, per avere quella moneta. Io penso e voglio dimostrare, che gli errori si pagano; e visto anche... che ho bisogno di una persona insospettabile e a me non riconducibile, per portare a termine la trattazione... le propongo: di tacere con Piero, farsi dare la moneta di Semiro e provvedere per conto mio allo scambio. Le offro... 150 mila euro!".
Che imbecille che sono...
Mi girai un attimo e vidi Teo con la testa fra le mani e lo sguardo fisso verso l'altare che quasi singhiozzava. Sembrava un uomo disperato, non potevo fare niente, neanche un gesto... lo lascai lì a recitare una parte senza senso.
Che imbecille che sono e faccio diventare imbecilli anche gli altri.
"Cosa dovrei fare?"
"Guardi Pelleriti, si tratta di seguire alcuni piccoli dettagli ma tutto sommato si tratterà di andare all'aeroporto, incontrare il nostro contatto, accompagnarlo a pranzo in centro, fargli trascorrere una giornata piacevole... magari andando in giro per la città, o altro ... lì dovrà vedersela lei. Poi fare lo scambio: dare la medaglia e prendere la borsa. A quel punto deve venire all'inaugurazione della mostra insieme al nostro contatto. Entrando dalla porta principale si intende, fra gli invitati e le autorità. Per quanto riguarda i dettagli le invierò una mail appena torno a casa, che lei dovrà stampare e cancellare immediatamente. E' chiaro?
Nella mail troverà quello che dovrà fare da qui al 29 febbraio e in più, la spiegazione della mia piccola cautela nei suoi confronti. Un'assicurazione diciamo. Non si preoccupi... non è niente di doloroso. Si tratta comunque di un semplice accorgimento, che lei dovrà tenere con sé per essere rintracciabile già da una settimana prima dell'incontro. Vedo la sua perplessità, allora sarò più chiaro: dovrà portare con sé un rilevatore gps... una specie di antennino satellitare, così sapremo i suoi movimenti. Deve capire Pelleriti che lei... da questa mattina... sa troppe cose... ma se si attiene alle regole, non ha alcun motivo di preoccuparsi. Noi siamo professionisti seri, agiamo secondo protocolli e prendiamo solo qualche precauzione".
Tosi, per la prima volta si mise a parlare al plurale. La cosa non era casuale. Mi fece capire che era un accordo, uno scambio fra organizzazioni criminali. Quali fossero, non lo venni mai a sapere con certezza, anche se l'identità di una delle due, nel proseguo della storia, diventa scontata e deducibile.
"Come lo riconoscerò il contatto? O come riconoscerà lui me?"
"Fino a questo momento non si sa ancora chi sarà il contatto, ma verrà stabilito l'acquirente fra dieci giorni al massimo. Io la informerò per tempo di questo, come degli altri accorgimenti a cui dovrà attenersi. Ad esempio, io non dovrò sapere dove porterà il contatto, dal momento in cui atterrerà l'aereo, fino al momento dell'inaugurazione, perché quello deve rimanere a me sconosciuto. Ognuno qui ha il suo ruolo Pelleriti. C'è chi infatti, a parte me, avrà il compito di seguirla, tramite un semplice navigatore, passo per passo, chi invece dovrà accompagnare il nostro contatto... e chi si occuperà di mettere a posto le cose, nel caso non dovesse filare tutto liscio..".
"E dove lo porto dopo il pranzo?"
"Le ho appena detto che io non devo saperlo, non devo conoscerlo, è una precauzione. Lo porti che ne so... al Quadrilatero, oppure a farsi fare un massaggio, o lo porti... a vedere il museo del cinema, oppure a farsi fare una sauna. Faccia lei insomma, e non me lo dica mai. Le preciso fin d'ora un'ultima cosa importante, sarö lui a decidere il momento dello scambio. Noi il luogo e loro il momento. E' una procedura tradizionale per evitare raggiri o piani organizzati... comunque troverö tutte queste cose, per ora solo accennate, all'interno della mail". Tosi si voltò, fece un sospiro: "Povera gente - disse dopo aver guardato per un attimo Teo alle sue spalle -. Così giovani e così vuoti di speranze. La saluto Pelleriti... dimenticavo: se la pietra sparisce...la faccio fuori".
"Arr...vd..ci" ero inebetito.
Non avevo neanche detto sì o no alla sua proposta, lui aveva già scelto per me. Che situazione allucinante. Tosi esce dalla chiesa, Martina e Teo non si avvicinano, come avevamo stabilito, per non dare sospetti e non rischiare.
Io invece non capivo nulla. Non sapevo se essere euforico o se sentirmi un condannato a morte. Carne da macello. 150 mila euro è vero, ma qualcosa dentro di me pensava male. Anzi pensava, per essere precisi, al peggio. "Questi qua pagano me?- pensavo ancora seduto sul banco della chiesa - Ma figurati! Mi faranno fare il colpo e dopo mi daranno un colpo a me... in testa... e... ciao ciao Bob. I soldi sono un'esca, se qualcosa va storto mi fanno fuori lì e subito, se va dritto, invece, mi fanno fuori al momento di chiudere il conto".
Ero oltremodo negativo ma era il comportamento di Tosi che mi rendeva così; si mostrava docile, colto, raffinato e poi bastava una parola per tirare fuori gli artigli. Se poi ragionavo sui nostri dialoghi, si capiva che non c'era possibilità di paragone, lui senza spostare un dito e senza mai avermi visto prima, mi comandava come un burattino. Sentivo di essere la preda e non uno divenuto complice di qualcuno di importante. Cosa sarebbe stato disposto a fare? O chi per lui? Cosa era l'organizzazione alle sue spalle?
E poi c'era quella mia pazza idea, che in questo momento diventava anche una via di fuga, oltre che di rivalsa. Un qualcosa nelle sue parole aveva lasciato, ancora una volta, aperta una possibilità a quel mio pensiero della mattina precedente. Al mio piano, insomma. Sentii di nuovo il vento spingermi dietro la schiena. Dovevo però confrontare con esattezza quello che lui mi aveva appena detto, con quello che mi avrebbe scritto nella mail.
Mi alzai, mi girai e uscii dalla chiesa, mezz'ora dopo eravamo tutti e tre a casa, ognuno con la propria tisana e con una mail stampata in mano.
Il rischio si faceva concreto, la cifra però... era da capogiro.
Anche a Martina qualcosa in quelle parole suonava storto, e anche se voleva che abbandonassi immediatamente la situazione, non mi negava la possibilità di attuare un piano... lo leggevo nei suoi occhi.
Ma l'umore nero provocato dalla paura e dalle minacce ci lasciavano chiusi nella stanza del dubbio.
Non erano neanche le undici e decidemmo perciò di andare a prendere un capuccino al Caffé Lumiere... avevo di nuovo bisogno di aria. Proprio là incontrammo Silvia... meno male; ci raddrizzò l'umore, come sapeva fare da sempre. Una centrale di energia vitale a pieni giri anche di domenica mattina. L'effetto di una spremuta d'arancia in cui hanno immerso un peperoncino. Ma soprattutto un'amica sempre pronta a prendersi cura di noi. Dissi dei miei dolori di stomaco e lei mi pose una mano sulla pancia, improvvisando una miniseduta del suo apprezatissimo Reiki, lì fra i tavolini aristocratici del Lumiere. Poi toccò a Marti farsi reikizzare il collo... non riuscivamo più a trattenerci, si vedeva la nostra tensione in volto. La guardai e le dissi... "Alziamoci da qui e andiamo a casa, che dobbiamo raccontarti una cosa". Finita la ricreazione d'aria, tornavamo a sentire la necessità di chiudermi.
Quando iniziai il racconto Silvia lo prese in modo scherzoso come sempre, ma le ultime due parole di Tosi, erano una lama puntata alla gola. "Digli che non lo fai e basta. Che non ti interesse. Gli dai la moneta e la fai finita così. Alla fine scherziamo e ridiamo ma questa è gente seria. Mica i quattro bulli di quartiere"
"Chissà Silvia, se posso ancora tirarmi indietro... arrivato a questo punto? E chissà, diciamocelo chiaramente, se è poi la scelta giusta da fare? Mi offre comunque un fracco di soldi, ed è questo il punto. Lui, mentre noi parliamo, starà facendo alzare l'asta fra il giapponese e l'americano".
"Certo che la libertö di poterlo portare dove vuoi fa ridere - mi disse Silvia, dando eco ad un pensiero, che da subito aveva stuzzicato anche il mio ingegno - ...a quel punto, lo potresti anche portare a casa mia. Solo se è un bel tipo Bob, mi raccomando".
A quel punto apparvero delle lampadine sopra la mia testa e si accesero.
Guardai Marti, "Ci vorrei ragionare su", le dissi
"Tanto per dieci giorni Tosi non si farà sentire - mi rispose puntando i suoi occhi blu fuori dalla finestra, verso una vita senza più grane -... guarda che bel sole, Roby. Dopo pranzo, portiamo i cagniacci fuori?"
"Andiamo in cascina? - intervenne Teo, mettendo sul piatto lo stesso disco di ogni domenica - Ci mettiamo là, grigliamo due cose...".
In cascina c'era Andrea e poi ci raggiunsero anche Pilar con Paolo e Bea.
All'uscita dall'autostrada caddi in una forma di catalessi. Arrivati in cascina, salutai Andrea senza riuscire a schiodarmi da un pensiero che aveva iniziato a cucire tele e costruire ponti, raggiungendo e unendosi a tutti gli altri. Quelli che nei giorni precedenti erano stati, prima generati e poi lasciati appesi, come un qualcosa che dopo la lavorazione, deve fermentare. La frase di Silvia aveva unito tutto. Il piano era chiaro e lucido nella mia testa e io lo stavo giö percorrendo in lungo e in largo.
Teo mi parlò delle condutture e del passaggio fluente e senza barriere da parte dell'acqua della cascina, finalmente. Da ogni rubinetto ora usciva acqua pulita. Quella situazione era quello che più poteva assomigliare al mio umore. Avevo trovato la chiave decisiva. Il pensiero non incontrava più ostacoli e il piano correva giù fino alla fine, entrando in tutti le condutture, in tutte le diramazioni, senza trovare un ostacolo.
Avevo capito come fare. O meglio dovevo risolvere ancora tanti quesiti, ma avevo trovato un modo per farcela.
Li presi da parte e iniziai...
"Ragazzi, mi preme cominciare col dirvi che non sono diventato matto, ma come Teo, Marti e Silvia possono confermare è successa una cosa davvero incredibile..." Dopo aver ripetuto quello che era fin lì successo, iniziò il momento di raccontare il piano che avevo escogitato....
"Lasciatemi finire vi prego..." la combinazione di cose era davvero fattibile e lavorando tutti insieme, avremmo potuto capovolgere la situazione a nostro vantaggio. Avremmo potuto giocare in casa, comandare il gioco. Sicuramente avevo già catturato il loro interesse.
"Secondo te quanto ci potrebbe essere lì dentro?" Mi chiese Andrea con un mezzo sorriso.
"Almeno il doppio di quello che mi raccontava nella mail - gli risposi in fretta, per passare subito alla mia di domanda - invece come facciamo con i rilevatori satellitori? La mail spiega che uno lo porterò io e l'altro sarà dentro la valigia..."
"Non è un problema insormontabile - mi rispose Paul - sarà uguale a quello che porti tu. Avremo quindi una settimana per studiarlo e capire, tramite tentativi, qual è il modo più veloce per disattivarlo...."
"Si ma come la apriamo la valigia?" Chiese Pilar
"E' qui che è indispensabile, come ti ho spiegato prima, guadagnare tempo...." gli risposi e nel frattempo Teo e Andrea parlavano di un altro particolare. Marti pensava già come fare per la sua parte che prevedeva un lungo lavoro e ne discuteva con Bea... intanto avrebbe dovuto anche andare in Sardegna, per procurarci alcune cose. Era complesso anche il lavoro di Paolo, che sulla serratura, avrebbe dovuto iniziare un lungo studio giö dal giorno successivo.
Ma il centro dell'azione prevedeva una grande interpretazione, una prova da Oscar, una parte difficile e cruciale. Ed è per questo che ci affidammo a Pilar, che oltre a preparare la sua parte, avrebbe dovuto darci un po' di lezioni di recitazione. Poi serviva un meccanismo per avviare l'inganno, per fare entrare il contatto dentro il tranello e ultimo, ma non meno importante, un luogo dove attuare il furto.
Andammo nuovamente avanti e indietro con la descrizione dei fatti. Ci ponemmo ancora tutte le domande del caso. Ma il piano sembrava a tutti scivolare via, in modo perfetto...
Due cose avrebbero fatto pendere ora le scelte, ed erano due infatti le risposte che doveva dare Paolo. Come aprire la borsa, o la valigia, o la ventiquattro ore in cui viaggiavano i soldi e come togliere il rilevatore e disattivarlo.
Ma fui lui, il primo a crederci...
"Sembra impossibile, non sapendo neanche di che valigia si tratti... eppure so che posso portarmi avanti con il lavoro - mi disse sorridendo ma parlando seriamente -, studianto alcune famiglie di serrature, si può arrivare preparati, perché si comportano tutte nella stessa maniera... per quanto riguarda il rilevatore, potrebbe essere ancora più semplice di quello che sembra... anzi mi è venuto in mente, che lo potremmo usare a nostro vantaggio. Prevedo inoltre, che lui porti con sé un palmare o un portatile da attivare in caso di smarrimento della borsa... oppure di tua fuga... caro Bob".
Eravamo in otto, più un asso nella manica che avrei tenuto in caso di necessità e che avrei contattato solo successivamente.
Stringemmo un patto e in quel giorno mischiammo per sempre le carte della nostra vita. Lo battezzammo in seguito: "il primo dei due giorni che ci hanno cambiato la vita".
"Manca ancora una cosa...visto che mi riguarda - disse Silvia - dobbiamo decidere come fare, per essere sicuri di distrarlo nel momento in cui ...
"Qualcosa ci verrà in mente - le dissi - niente di compromettente... si intende".

lunedì 17 marzo 2008

CAPITOLO SECONDO (?): Al principio brava gente

nota dell'autore: dopo il grande successo del primo capitolo, ho ceduto i diritti cinematografici di Sansalvario Connection ad una produzione italo-spagnola che però, all'interno del contratto, mi ha obbligato a inserire un'attrice di lingua spagnola, con cadenza andalusa, fra i protagonisti della storia. L'intenzione è di distribuire il film anche in Sud America. Per tanto pongo un'errata corrige: d'ora in poi si intenda che i componenti della banda diventino nove e nove saranno quindi anche i milioni di euro recuperati.
2^ nota dell'autore:
sono stato anche fermato, nei giorni seguenti alla pubblicazione del primo capitolo, da due loschi individui mentre salivo in metropolitana... perciò prima che termini il racconto, nonostante la storia si svolga interamente a Torino e in particolare nel quartiere San Salvario, dovrò fare riferimento, o comunque citare la città di Bari, in modo chiaro e con appellativi positivi.

"Ti serve una vacanza, tesoro mio, altro che una banda. Vai dal dottor Cottino e ti fai dare cinque giorni di mutua. Sei troppo stressato". Questa idea assurda, unica e soprattutto criminale che mi aveva travolto come una valanga, aveva indotto Martina ad avere un po' di pena per me. Penso che mi vedesse sulla soglia oramai del delirio, in preda alle idee più disperate, pur di poter mischiare le carte, pur di cambiare le sorti del mio quotidiano.
"Devi avere un po' di pazienza Roby, hai seminato tanto e verrà il tempo di raccogliere.."
Purtroppo io ero già in corsia di sorpasso, la mia mente aveva messo la freccia, allacciato le cinture e non mi lasciava più tornare indietro. Anzi avevo difficoltà anche a lasciare il Valentino in quel sabato mattina.
Il nido dove era partorita un'idea di una natura a me, fino a quel giorno, sconosciuta. Ero sospinto, dovevo seguire il mio pensiero fino in fondo, una sensazione simile a quella di correre con il vento alle spalle e fare un salto lunghissimo.
Qual era quel pensiero? Quello di poter intervenire nella questione. Conoscevo il vero valore dell'oggetto e le intenzioni di Tosi da un lato, e dall'altro avevo dalla mia la conoscenza di Piero e quindi la possibilità di avere in mano la moneta funebre del Faraone.
Come fare ad eseguire il mio piano, fino a quel punto, rimaneva un mistero.
La cosa importante era non cedere mai l'oggetto.
I soldi sarebbero arrivati qui in un modo o nell'altro, questo era chiaro e per riconoscere chi li portava bastava vedere se avevano gli occhi a mandorla o se chiedevano un caffè ....'mericano. Intanto pensavo a Tosi, l'uomo di scienza, intento a far alzare il prezzo dell'affare. Durante il nostro incontro era sembrato un pezzo di ghiaccio.
"E se si fosse accorto dell'errore fatto la notte prima? .... No, non se ne sarà accorto". La mia testa non si fermava più!.
"Basterebbe un bel piano, un'azione ben combinata come la Stangata. La Stangata... la Stangata... un'altra idea!"
"Di questo passo mi rinchiudono - dicevo guardando Martina - mi stanno venendo delle idee folli"
Martina, ridendo e con un fare non troppo impegnato mi diceva: "Senti torniamo a casa".
Camminavamo parlando di tutt'altro e ci fermammo da Elsa a comprare la colazione per la domenica mattina.
San Salvario ci coccolava, come faceva ogni volta che gli davamo la libertà di farlo. Davanti alla Sinagoga il solito andirivieni: la signora vestita di nero con il cane anche lui nero; parte l'abbaio e parte l'incazzo della signora... come tutti i giorni.
La solita famiglia di peruviani, il figlio di Elsa che cammina spedito, e poi da Via Sant'Anselmo, Andrea il restauratore, che sbuca con il suo cappello da cowboy e svolta in via San Pio. San Salvario mi ricorda "Fa la cosa giusta" di Spyke Lee: un continuo passare delle stesse facce, un paesaggio in perpetuo movimento. Un quadro che non finisce mai di essere dipinto, perchè gli elementi non stanno mai fermi: ecco infatti Maurizio che gira l'angolo in bici e dopo di lui, l'amico pakistano del Kebab, che sfreccia sulla sua Barchetta. Le strade sono canali, dove corrono le nostre vite... sempre in divenire.
Alzo gli occhi e vedo Silvia che pulisce le sue piante, le faccio un fischio:
"A bella..."
Ci saluta con un bel sorriso... come sempre.
"Volete un caffè?"
"No grazie dobbiamo andare a montare un pezzo dello scaffale - dicevo così, per evitare il gusto, ogni volta tremendo, del caffè della mia amica - se non lo faccio oggi, devo aspettare un'altra settimana"
"Ci vediamo per un aperitivo all'Area-caffè stasera, allora, con Dani e Pilar?"
"Va bene. Ma a che ora?"
"Andiamo là per le otto, passano anche Teo, Paolo e Bea".
"Perfetto a stasera"
Arrivati a casa, sentivo dal pianerottolo il mio cellulare, suonare all'interno dell'alloggio.
"Non mi sono accorto neanche di averlo lasciato a casa"
"Non mi stupisce affatto se lo vuoi sapere" Martina mi pigliava sempre per il culo per le mille distrazioni della mia anima grande, era il suo protocollo, doveva fare così.
Inseguii la suoneria fino in camera da letto, guardai sul display: "numero privato", risposi...
"Sì pronto?"
"Signor Pelleriti... sono Tosi"
silenzio... sentivo il fiato in pancia.
"Buongiorno"
"Buongiorno a lei... è una bella giornata vero?"
"Bellissima, vengo proprio adesso dal Valentino e.."
"Dobbiamo incontrarci, nuovamente. Le cose sono cambiate."
Era secco e diretto come un mitra...
"Si, va bene, io ho una settimana un po' piena ma possiamo fare per quella seguente"
"No intendo domani mattina. Alle 9.30, nella chiesa di San Pietro e Paolo in piazza Saluzzo. Sa dove si trova?"
"Si"
"Allora ci vediamo lì, le consiglio di non mancare"
"Non mancherò"
Una bella minaccia di sabato mattina. Si era accorto dell'errore!
Che cazzo faccio? Me ne vado? Mi nascondo in cascina da Teo?
Sono in para... mi faccio un caffè, mi faccio una doccia, mi fermo un attimo a pensare, magari... telefono a Teo, sono in para, che faccio? Si, telefono a Teo...

"Heila, heila... che fai Booob....?"
"Sinceramente, proprio in questo istante... mi sto cagando sotto"
"Hai mangiato qualcosa che non va?"
"No, no... dalla paura Teuz". mi scivolò un piccolo singhiozzo.
"Tutto bene Bob? Vuoi che vengo lì?"
"Sei da ste parti? Vuoi fare un salto?"
"Ehm...si, dai... faccio un salto".
Cosa voleva fare Tosi, aveva sicuramente scoperto l'errore e adesso...mi voleva fare fuori? Voleva il mio silenzio? Lo voleva pagare o lo voleva ottenere? Altro che piano criminale, in quel momento la storia sembrava finire ancora prima di incominciare e la mia vita quotidiana...? Volevo cambiarla? Ecco la possibilità per trasformarla definitivamente in peggio!
"Vuoi una tisana Bob" Martina mi guardava o almeno cercava di mettermi a fuoco, perchè mi aggiravo per la casa ad una velocità elevata, senza riuscire a fermarmi.
"Divento matto... vada per la tisana" cara la mia Martinez che sapeva capirmi e soprattutto sapeva anche non pigliarmi troppo sul serio.
Mi presi un altro paio di tisane con Teo... mentre in pochi minuti cercavo di raccontargli tutto.
"Domani ti accompagno, rimango fuori o mi metto al fondo della chiesa. Non farà niente lì, vuole solo parlarti nella massima segretezza, secondo me" . Mi rispondeva il mio amico, cercando di tranquillizzarmi.
"Sti cazzi però, tu ti fideresti?"
"No, io no. Se non vuoi andare, non andare, ma mi sembra che questo non ci mette tanto a trovarti. Meglio andare e cercare una soluzione per uscirne il prima possibile, credimi Boby".
"Bisogna essere pronti a chiamare la polizia - interveniva Martina - io mi metto fuori sulla panchina. Teo sta dentro con te. Togliamoci dalle balle sto Tosi".
"E se lo freghiamo? Ci teniamo i soldi e gli diamo un falso, per esempio, oppure scambiamo la borsa col denaro?" Buttavo fuori quello che poteva sembrare l'ultimo vagito di un pensiero sul binario di partenza e invece, quella frase, sarebbe diventata la scintilla del divenire più incredibile della vita di tutti noi.
Comunque in quel momento, Teo non mi disse di no, rise solamente... mettendosi sù a fare un'altra tisana.
Cercai di non pensarci più per il resto del pomeriggio, e fu facile a furia di tisane e grazie alla stanchezza di fine settimana.
Teo ci salutò dandoci appuntamento per l'aperitivo serale, io e Marti guardammo un film: "Profumo di donna", lei si mise a massaggiarmi la schiena per farmi scendere la tensione. Una parte della mia mente cercava una via di fuga, un biglietto per un altro mondo, un altra parte, invece, continuava a costruire idee pirotecniche e azioni tanto eroiche, quanto irrealizzabili. Mi stavo addormentando finalmente...
...sognavo l'acqua, il fiume, una canoa... Silvia mi aveva fatto ricordare da poco "Dead Man" di Jim Jarmusch, i ricordi dell'indiano in bianco e nero che saluta un moribondo Johnny Depp, si mischiavano con quelli delle nostre uscite in canoa sul Po e poi di nuovo tornavano al film, senza lasciare mai l'acqua.
I colpi di pagaia, l'odore dell'acqua, la sensazione di umido. I riflessi di luce, le onde che prima si alzano e poi si fermano..
...la notte di San Giovanni di qualche anno fa... più di cento imbarcazioni sul Po sotto le stelle a passare con una fiaccola accesa. Una processione incredibile.
La musica dei Pink Floyd, io e Andrea con le nostre fiaccole tenute strette fra le ginocchia, poi la cera sulle canoe e sulle gambe.
...giro lo sguardo e inquadro un canoa fra le tante intorno a noi, voga lento, la conduce un uomo vestito da faraone... mi saluta.
Finisce la processione, le canoe si affiancano l'una all'altra per guardare in cielo i fuochi d'artificio...
Io, Andrea, il faraone, Piero, Martina, Tosi, Jim Jarmusch e Johnny Depp in bianco e nero. Tutti con la propria canoa, tutti a testa in sù, illuminati dai bagliori dei fuochi....
Il fuoco.
Fuoco... torno al film.
La canoa di Jhonny Deep se ne va e a riva esplodono degli spari.
Muore l'indiano..
Gente sulla riva...
...noi di nuovo in kayak, al tramonto in estate.
Le sponde del Po al Valentino e la gente che beve all'imbarchino... mentre noi passiamo lenti, colpendo l'acqua con un dolce piacere e senza foga.
Che bella giornata...
Abbandono la pagaia, lascio andare la mano molle fuori dal Kayak,
la mano si immerge nell'acqua... la mano è bagnata.
La mano è bagnata... aprii gli occhi!
La mano era bagnata.
"Amanda... smettila,...cazzo".
Guardai l'ora... le sette di sera.

Andammo all'Area Caffè. Io col mio mattone in pancia.
Lì c'erano gli altri e il mio pensiero si mise alla rincorsa dei discorsi che a loro volta si inseguivano, rimbalzando da una voce all'altra... come al solito.
Si passava perennemente di palo in frasca e non si arrivava mai al dunque di nessun discorso... siamo fatti così. Ci mettiamo ogni volta dentro un turbine, raccontando di mille situazioni diverse, ubriacandoci a vicenda di parole e riuscendo spesso a perdere il filo del discorso. Ma è questo il nostro dolce piacere: il viaggiare insieme fra mille avvenimenti che diventano avventure, il sentirsi liberi sempre di dire e di dare a chiunque. Aprire i cassetti... mettere fuori tutti i pensieri, senza paura che cadano mai a terra, perchè tanto c'è sempre qualcuno pronto a raccoglierli. A quel punto la situazione diventa ciclica, si abbandonano i riferimenti e quelle fantasiose invenzioni chiamate: spazio e tempo. Sì, non riusciamo mai ad andare da nessuna parte tutti insieme, nè a realizzare i nostri progetti, neanche quelli più banali... e sì, accadeva anche quella sera che in mezzo a loro, imparavo ad allontanarmi da tutto... e in quel momento, potevo anche allontanare la situazione nera, che mi stava coinvolgendo.
Perchè di situazioni nere ne avevo già allontanate tante, in quel modo.
Se questo è il tedio, io mi ci butto con dignità da re...
Mi lasciai in pratica andare all'ascolto degli amici, al vino e al buffet dell'aperitivo.
Incominciai da Bea che raccontava della sua infanzia agonistica alla Sisport, delle sue gare di corsa, prima in velocità e poi via via verso le discipline di fondo...pensai che lei fra tutti noi era la vera sportiva mancata, l'unica con due polmoni d'acciaio, un fisico atletico, anni di arti marziali alle spalle e ancora tanta voglia di sudare per lo sport. Da poco era riuscita addirittura a convincere quella pigrona di Martina a seguirla in palestra... A quel punto mi persi nell'ascoltare Silvia (e su Silvia bisogna fare un discorso a parte, perchè se è in gran serata, ma se proprio in una di quelle serate che è... carica, potrebbe anche inchiodarmi ad ascoltarla per un'ora o due senza che nè io nè lei, riusciamo ad accorgerci del tempo che passa e senza neanche più riuscire a ricordare tutto quello che ci siamo detti. Forse mi accorgo solo ora che io e lei, siamo i primatisti italiani del... dal palo in frasca) infatti anche quella sera era partita bene: dall'accennare ad alcune storie sui Curanderos Sciamani raccontati da Castaneda, era finita a narrare interamente l'ultimo libro di Jodorowsky... passando da una storia di fantasmi, un accenno ad una crisi sentimentale di una sua amica e di un tentativo di abbordaggio da lei subito passeggiando per strada... giunto alla conclusione del romanzo di quel povero pazzo di Jodorowsky, mi sintonizzai di forza all'ascolto di Paolone per conoscere le ultime novità legate al web. "Sempre utili informations", come dice il giardiniere col floppy in mano... ma poi toccò a Pilar, che fu capace di ammutolirci tutti...
e sì perchè incominciò a raccontare di importanti novità.
Questa era una bella sorpresa.
"Cari ragazzi io e Daniele vi dobbiamo dare una notizia - ci disse mantenendo a stento il riso -. Siccome Daniele da giugno inizierò a lavorare a Parigi, abbiamo deciso di prendere le cose con pù calma. Diciamo...che abbiamo deciso di farci un regalo: il tempo. Io mi licenzio e lascio il lavoro a fine mese e Dani in quel momento avrà concluso il suo contratto. Abbiamo deciso di regalarci due mesi di libertà, senza quella cosa da pazzi, chiamata lavoro. Due mesi per stare più tempo con Diego soprattutto. E abbiamo deciso che questo tempo lo vorremo vivere a Torino.
"Io non ho viaggiato ancora il mondo abbastanza e non sono riuscita in altri posti a stringere laci più stretti... Torino non ti asfissia, ti aspetta e ti lascia andare quando vuoi, ma la ritrovi sempre. Io non ho trovato persone più aperte di mente e di animo che quelle che ho trovato qui.. belle ed eleganti dentro e fuori".
(Grazie Pilar, non ho altro modo migliore di dirtelo).
...Applausi, brindisi, abbracci e baci.
Bravi, quel gesto era la scelta più sensata che vedevo fare da anni. Il domani a Parigi, il passato nella splendida, solare e colorata Bari e due mesi indimenticabili a Torino, padroni totali del proprio tempo.
Con l'ultima buona notte ci accordammo per vederci la sera successiva, da Paolo e dalla pizza di Bea. Con poche sicurezze perchè sono stati sempre così i nostri appuntamenti...imprecisati e soggetti all'umore.
Teo si fermò a dormire da noi, invece.
E fu il ricadere inesorabile nella realtà.
Ci aspettava l'incontro in chiesa.
Ne parlammo ancora e ancora, entrando nei particolari e cercando una strategia di difesa, qualora la situazione fosse degenerata.
Ma come avrebbe agito Tosi? Dove si sarebbe seduto? Sicuramente avrebbe fatto entrare me, e poi lui si sarebbe avvicinato al mio posto.
Decidemmo che Marti sarebbe stata fuori, pronta ad avvisare la polizia e Teo sarebbero invece entrato prima di me, sedendosi in un banco in modo da tenermi nella sua visuale. Non avremmo dovuto destare sospetti. Martina avrebbe potuto anche fingere di leggere o di aspettare qualcuno e Teo di essere un po' disperato e chiuso nei suoi pensieri, magari assorto in preghiera. Non doveva farsi vedere attento a me, ma al contrario preso nei suoi problemi.
Ci aspettava ancora un'ora buona di tentativi, per annullare quell'ansia che opprimeva tutti e tre, prima di cadere nel sonno.
Ci aspettava un risveglio da incubo.
Ci aspettava il primo dei due giorni incredibili, che avrebbero cambiato per sempre la nostra vita...